“Enrico Mattei fu ucciso forse perché dava fastidio agli americani che erano i padroni di tutto, o forse perché in questo modo si voleva favorire il suo successore: ma queste sono soltanto ipotesi fatte in un secondo tempo rispetto a quell’avvenimento dagli appartenenti alla famiglia mafiosa gelese”. Questo, e altri particolari inediti, sono stati rivelati dal collaboratore di giustizia Antonio La Perna, nel processo che si celebra davanti alla seconda sezione della Corte d’Assise di Palermo per il sequestro e l’uccisione, nel 1970, del giornalista Mauro De Mauro e che vede come unico imputato il capo di Cosa nostra, Totò Riina.
Il cronista de L’Ora, all’epoca della scomparsa, stava, infatti, indagando proprio sulle circostanze, ancora non del tutto chiarite, che avevano portato, nel 1962, alla morte del presidente dell’Eni dopo che l’aereo su cui viaggiava era precipitato nella zona tra Milano e Pavia. La Perna, rispondendo alle domande del presidente della Corte, Giancarlo Trizzino e a quelle del pubblico ministero, Sergio De Montis, ha spiegato come inizialmente era un gruppo di fuoco della famiglia di Gela, al quale lo stesso La Perna apparteneva sotto la guida dei fratelli Emmanuello, a doversi occupare dell’uccisione di Mattei.
“Era tutto pronto per quel delitto – racconta – avevamo già nascosto le armi in un casolare vicino Gela e fatto sopralluoghi nei pressi dell’Agip di Gela dove si doveva fare l’attentato, o in alternativa a Gagliano Castelferrato”, dove Mattei fece l’ultimo discorso prima di prendere l’aereo da Catania. “Solo in un secondo momento, qualche giorno prima della data in cui doveva compiersi l’omicidio, che dovevamo fare per un favore a Giuseppe Di Cristina (boss mafioso di Riesi, in provincia di Caltanissetta, ndr) – ha spiegato il pentito, già condannato, con sentenza definitiva, per associazione a delinquere di stampo mafioso – siamo stati informati da Angelo e Crocifisso Emmanuello che l’incarico di compiere quell’attentato era stato dato ai catanesi, perché noi non eravamo all’altezza”.
Secondo la testimonianza di La Perna, i componenti del gruppo catanese, a cui era stato trasferito l’incarico di eliminare Mattei, erano i Santapaola, i Calderone e i Ferrero. Di Perna ha, inoltre, precisato che la decisione di parlare di alcuni aspetti del caso Mattei, è stata presa dopo aver letto “alcuni ritagli di giornale dove vi era scritto che l’aereo di Mattei era precipitato forse per un incidente”. Solo dopo la lettura di questo articolo, acquisito agli atti del processo su richiesta del pm, a Di Perna sono tornati in mente particolari sulla vicenda.
Il pentito gelese rispondendo, invece, alle domande del presidente Trizzino in merito alla morte di De Mauro ha soltanto detto che il giornalista “venne fatto fuori dalla mafia perché dava fastidio”, ma ha aggiunto che non ha mai conosciuto Riina, che ha assistito all’udienza in video-collegamento dal carcere milanese di Opera. Sul capitolo del golpe Borghese – il colpo di Stato che il principe Junio Valerio Borghese stava progettando di realizzare – anche questo al centro delle ricerche di De Mauro, Di Perna ha affermato che “si sentiva parlare di possibili attentati allo Stato e di una guerra civile”, aggiungendo, però, che “queste cose le ho apprese solo per sentito dire”. Resta ancora, dunque, fitto il mistero sull’uccisione dell’ex presidente dell’Eni e gli intrecci col delitto De Mauro, anche se le rivelazioni di Di Perna potrebbero aprire ora scenari solo in parte esplorati. La prossima udienza del processo è stata fissata per il 21 di maggio.