"Senza la malattia non mi avreste preso": così parla Messina Denaro - Live Sicilia

“Senza la malattia non mi avreste preso”: così parla Messina Denaro

Cosa ha detto ai magistrato il capomafia trapanese

PALERMO – La sua “sfortuna” è stata la “malattia”, altrimenti “non mi avreste trovato”. Così ha detto Matteo Messina Denaro. Pieno di sé.

È stato interrogato due volte ed ha accettato di rispondere alle domande del procuratore di Palermo Maurizio de Lucia e dell’aggiunto Paolo Guido, e poi a quelle del giudice per le indagini preliminari Alfredo Montalto. In entrambi gli interrogatori era presente la nipote e avvocato Lorenza Guttadauro, figlia della sorella di Matteo Messina Denaro, Rosalia, arrestata per mafia.

Il padrino di Castelvetrano ha fatto capire che c’è uno spartiacque nella sua clandestinità. Ha raccontato di essere “uscito allo scoperto” a causa della malattia. Si è dovuto dotare di una identità vera. A cominciare dalle piccole cose di una vita normale. Non si può andare in una clinica sanitaria, ad esempio, senza indicare il numero di un cellulare per farsi ricontattare. Anche il padrino, così ha detto, che stava “lontano dai telefonini”, accorto e guardingo com’era, ha dovuto adeguarsi.

Atteggiamento narcisista, il suo, di chi si compiace della lunga latitanza. Certo non se n’è stato rintanato. A Campobello di Mazara ci ha vissuto negli ultimi anni, ma vi ha fatto tappa anche nel passato più lontano. Girava molto e spesso è stato a Palermo.

La malattia lo ha spinto ad abbassare la guardia. È stata una scelta obbligata nel tentativo di contrastare il tumore che da solo o contando sulla cerchia di fedelissimi non era in grado di affrontare.

Messina Denaro ha negato la sua appartenenza a Cosa Nostra, ma lo ha fatto con atteggiamento ambiguo. Disponibile, si è mostrato cortese, ma ha negato ogni accusa.

Da quella meno grave, come una tentata estorsione, all’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo. La vicenda dell’estorsione risale al 2013. Matteo Messina Denaro avrebbe scritto e inviato una lettera per dirimere, a modo suo, la questione sull’utilizzo di un terreno.

Terreno che in passato era stato anche nella disponibilità di Totò Riina, e che era passato al boss di Campobello di Mazara, Alfonso Passanante. L’intervento era essenziale anche per risolvere dissidi per l’utilizzo di alcuni fondi agricoli e per il pascolo nelle campagne di Castelvetrano. Bisognava convincere gli eredi del defunto Passanante a cedere la proprietà di un vasto appezzamento di terreno in contrada Zangara.

Le minacce dalla cosca mafiosa di Campobello di Mazara furono avallate anche da una lettera intimidatoria attribuita a Messina Denaro. Il 29 dicembre 2013 la figlia del boss Passannante fu intercettata mentre chiedeva al boss di Campobello di Mazara, oggi deceduto, Vito Gondola informazioni sulla missiva che gli era stata consegnata da Vincenzo La Cascia.

Nella lettera si faceva riferimento ai figli della donna. “I vostri figli che c’entrano..”, chiedeva Gondola e la donna rispondeva: “Nella lettera così c’era scritto, zu Vito”. “Ma quale ammazzare – replicava Gondola – nessuno si è presentato da me”.

“Ma quale estorsione?”, ha detto Messina Denaro che se non può negare, ad esempio, il rapporto epistolare con personaggi come Bernardo Provenzano, lo ha ricondotto al rapporto di conoscenza che il padrino corleonese ha avuto con suo padre, don Ciccio Messina Denaro.


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