Morto Maurizio Costanzo, l'attentato mafioso fallito per un soffio

Maurizio Costanzo, quando l’attentato mafioso fallì di un soffio

Rimase vivo per miracolo assieme a Maria De Filippi

PALERMO – Un anno dopo le stragi del ’92 l’orrore mafioso aveva previsto che morisse anche Maurizio Costanzo. Dovevano ucciderlo insieme alla moglie Maria De Filippi. L’attentato fallì di un soffio in via Fauro a Roma.

Il giornalista, morto oggi all’età di 84 anni a Roma, fu tra i primi a dedicare sul piccolo schermo approfondimenti sul tema mafioso. Che divenne, anche grazie a lui, un tema pubblico. La mafia rispose con 70 chili di tritolo.

Tra coloro che prepararono un primo attentato c’era pure Matteo Messina Denaro. Francesco Geraci, ex collaboratore di giustizia morto di recente, amico d’infanzia del capomafia trapanese, ricostruì i dettagli del piano di morte per uccidere Maurizio Costanzo, Giovanni Falcone, Michele Santoro e Pippo Baudo.

Attentato a Maurizio Costanzo: il piano originale

Totò Riina aveva dato l’ordine di uccidere Falcone a Roma, dopo il trasferimento alla direzione degli Affari penali del ministero della Giustizia. Il suo racconto partiva dall’inizio: “Andammo a Palermo, con Matteo Messina Denaro, ad una riunione, alla quale non mi fecero prendere parte, credo perché non contavo niente. C’erano Matteo Messina Denaro, Renzo Tinnirello, i fratelli Graviano, Enzo Sinacori, Salvatore Biondo, e lì si è deciso che si doveva andare a Roma”.

Il commando si spostò in trasferta: “Nella Capitale eravamo io, Matteo Messina Denaro, Giuseppe Graviano, Renzo Tinnirello, Enzo Sinacori, e un’altra persona. Mi portarono a Roma perché avevo la carta di credito. E lì presi una macchina a noleggio. Quando partimmo per Roma, io sono andato con Enzo Sinacori in aereo, Matteo Messina Denaro è partito con Renzo Tinnirello, e Giuseppe Graviano è partito con Fifo De Cristoforo. Avevamo compiti differenti”.

Compiti differenti, ma macabri obiettivi comuni: “Cercavamo Maurizio Costanzo, Michele Santoro, Pippo Baudo e Giovanni Falcone perché dovevamo ucciderli. Quando uscivamo eravamo a gruppi: ero io con Sinacori, Graviano con Fifo De Cristoforo, e Messina Denaro con Tinnirello. L’automobile l’abbiamo affittata a nome mio perché ero io che avevo la carta di credito. Per quella trasferta Matteo Messina Denaro diede 5 milioni di lire a ciascuno. A Roma siamo stati circa 9 giorni. Ci dissero che dovevamo uccidere i giornalisti per allontanare l’oppressione dalla Sicilia, creare dei casini al centro – nord Italia, e portare l’attenzione sui vecchi brigatisti”.

Il piano era “di mettere il tritolo in un bidone dell’immondizia o in una macchina vicino al teatro dove si faceva il Maurizio Costanzo Show. Io e Sinacori siamo andati anche a fare un sopralluogo. Di armi a Roma non ne ho viste. Le avevo viste invece a Mazara del Vallo quando le stavano preparando. C’erano dei kalashnikov che Matteo Messina Denaro ed Enzo Sinacori provarono nelle miniere in disuso. C’erano delle pistole. Moltissime armi comunque. Matteo ha comprato moltissime armi nuove, almeno 500 milioni di lire di armi, poi le hanno seppellite”.

Non riuscendo a rintracciare Falcone e Martelli, il gruppo pedinò per più giorni Costanzo dopo le registrazioni della trasmissione “Maurizio Costanzo Show”. Quando tutto sembrava pronto, il gruppo venne richiamato in Sicilia da Totò Riina.

La seconda occasione e il fallimento

Nel maggio 1993 un altro gruppo di fuoco entrò in azione. Fu rubata una Fiat Uno imbottita di esplosivo e parcheggiata in via Fauro. Il primo giorno il congegno non esplose per un difetto. All’indomani la bomba esplose, ma Salvatore Benigno schiacciò il pulsante del telecomando in ritardo.

Attendeva Costanzo su un’Alfa Romeo 164 ed invece arrivò su una Mercedes blu, non blindata. Furono secondo decisivi. Il presentatore e Maria De Filippi rimasero illesi, leggermente ferite le guardie del corpo a bordo di una la Lancia Thema.

La potenza del tritolo fece crollare il muro di una scuola. Una settantina di auto rimasero schiacciate dalle macerie.


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