PALERMO – Si definiva un “distributore di mazzette”. Mica di pochi spiccioli, “parliamo di mazzette di centinaia di milioni”, diceva Michele Trobia, attuale presidente del Tennis club di Caltanissetta. E tirava in ballo nomi pesanti della politica siciliana.
Ci sono anche le registrazioni delle sue conversazioni nella lunghissima ordinanza di custodia cautelare che ha raggiunto Antonello Montante e altre cinque persone. Quasi quattromila pagine da cui emergono capitoli investigativi ancora da completare. Il provvedimento firmato dal giudice per le indagini preliminari Maria Carmela Giannazzo non chiude la mega indagine dei pubblici ministeri nisseni
Il 6 marzo 2016 Trobia spiegava ad un avvocato che Montante era un persona “pericolosissima” che lo aveva coinvolto in “cose assurde”. L’allora guida degli industriali siciliani sapeva di essere un potente: “… io entravo con lui in piena giunta regionale con Totò Cuffaro… arrivavamo con la macchina della scorta e noi dentro fino davanti l’ascensore…. con i custodi a Palazzo d’Orleans… non si chiedeva dov’era Cuffaro… lui entrava direttamente io dietro la porta…”.
Le sue parole si incrociano con quelle di Marco Venturi, prima intercettate e poi messe a verbale. Nel novembre 2015 Venturi, ex capo degli industriali di Caltanissetta, ha raccontato ai pm che “Montante aveva rapporti amichevoli con Gianfranco Miccichè e Totò Cuffaro”. Fin qui nulla di stano. Poi, ha aggiunto che “Montante era solito ripetere che pagava la campagna elettorale a tutti… spendeva un sacco di soldi…. con specifico riferimento a Cuffaro in relazione all’elezione a presidente della Regione nel 2001 specificandomi che aveva erogato contributi in nero”.
Di fatto Venturi ha ribadito quanto era emerso, pochi mesi prima, a settembre, nel corso di una conversazione in cui era stato intercettato insieme a Trobia e a Massimo Romano, l’imprenditore della grande distribuzione finito ai domiciliari.
Trobia parlava di “borse con Totò Cuffaro che depositò a casa mia… ca ci su 800 miliuni… ca ci su 600 miliuni”. Romano gli chiedeva se avesse visto i soldi con i propri occhi: “Come no, li abbiamo portati insieme a Totò Cuffaro”.
È stato poi Venturi, negli interrogatori del 12,14 e 28 novembre 2015 a ribadire ai pubblici ministeri che Trobia gli disse che “Montante o la moglie gli avevano portato a casa una borsa piena di soldi da consegnare a Cuffaro”.
Non sono le uniche parole messe a verbale da Venturi. Pochi giorni prima di presentarsi in Procura, infatti, era stato intercettato mentre discuteva con Alfonso Cicero, ex presidente dell’Irsap. Ripassavano le cose da riferire ai magistrati. Tra i tanti punti c’erano due richieste avanzate dal senatore Giuseppe Lumia. Nella prima, ripeteva Venturi, “Lumia chiese a Cicero e a me pure di non revocare il lotto alla Mediatel nella zona industriale di Agrigento che era stata colpita da un’informativa antimafia in quanto collusa con la mafia agrigentina”.
E poi c’è quella che il gip annota come come la “richiesta da parte di Lumia a Venturi di un finanziamento in nero della campagna elettorale di Crocetta e conseguente ira di Montante per il rifiuto opposto da Venturi”. Ecco cosa dicevano i due interlocutori: “Allora Venturi mi ha confidato che Lumia gli aveva chiesto di contribuire alla campagna elettorale di Crocetta e in tal senso lo stesso Lumia aveva incaricato la segretaria di Crocetta di recarsi da Venturi per ricevere il contributo richiesto…”. E la segretaria si sarebbe fatta viva: “… mi chiedeva di darle un contributo di ventimila euro a Crocetta per la sua campagna elettorale… puntualizzandomi che potevo darglieli anche in nero”.
Il contributo, però, non arrivò. Ecco, secondo Cicero, quale fu la reazione dell’ex presidente di Sicindustria: “Montante mi ammoniva per non avere dato ventimila euro alla segretaria di Crocetta, rinfacciandomi che altri esponenti di Confindustria a lui vicino avevano dato contributi”. Tutti rigorosamente in nero.