21 Marzo 2023, 05:45
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PALERMO – “Non sono colui che ha sciolto nell’acido il piccolo Giuseppe Di Matteo”, dice Matteo Messina Denaro. Che scarica la colpa su Giovanni Brusca, il boia di San Giuseppe Jato.
Il capomafia trapanese nega ogni accusa che gli viene mossa. Lo fa in maniera ripetitiva per recitare la parte della vittima di un racconto, a suo dire ingiusto, in cui è stato dipinto come un mostro. Ci sono le sentenze a certificare la sua crudeltà.
Il suo tono cambia, però, quando parla del ragazzino rapito, tenuto prigioniero per 779 giorni, strangolato e sciolto nell’acido.
Un orrore da cui Messina Denaro ha preso le distanze nel corso di un un interrogatorio di garanzia. Nei giorni scorsi ha risposto al giudice per le indagini preliminari Alfredo Montalto. È indagato, infatti, anche per una tentata estorsione. Un fatto certamente minore rispetto alle tragiche vicende per cui è stato condannato ad una ventina di ergastoli. Decine di omicidi, le stragi del 1992 e del 1993.
Messina Denaro ordinò anche di sequestrare e sciogliere nell’acido Giuseppe, il bambino di dodici anni ucciso per zittire il padre Santino, divenuto collaboratore di giustizia.
Messina Denaro non ci sta. Si accolla in qualche modo, anche se lo lascia solo intendere, la responsabilità del rapimento. Se fosse dipeso da lui, però, non avrebbe dato l’ordine di uccidere il povero Giuseppe. È stata una scelta di Brusca.
“Ti portiamo da tuo padre”, dissero a Giuseppe raggiunto in un maneggio il 23 novembre 1993. L’11 gennaio del 1996 il tragico epilogo. Enzo Salvatore Brusca, fratello di Giovanni, lo teneva per le braccia, Giuseppe Monticciolo per le gambe, Vincenzo Chiodo lo strangolò.
Una parte della sua terribile prigionia il bambino la trascorse nella casa di Giuseppe Costa, nella zona di Campobello di Mazara. Il piccolo vi arrivò incappucciato, dentro il portabagagli e rinchiuso nella cella che Costa aveva costruito con le sue mani su ordine di Matteo Messina Denaro.
Messina Denaro tenta di sminuire il suo ruolo, come se il rapimento fosse un fatto secondario. Ed invece è stato partecipe di quell’orrore. Non è l’unico. L’operazione che ha portato all’arresto del latitante, il 16 gennaio scorso, è stata chiamata Tramonto.
Una scelta dei carabinieri del Ros in ricordo della poesia di Nadia Nencioni, la bambina di 9 anni uccisa nell’attentato del 27 maggio 1993 con un’autobomba in via de’ Georgofili assieme genitori Fabrizio Nencioni e Angela Fiume. Anche di quella strage Messina Denaro è stato il mandante.
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21 Marzo 2023, 05:45