PALERMO – Matteo Messina Denaro e Salvatore Lo Piccolo dovevano incontrarsi a Giardinello il giorno che nel 2007 arrestarono il boss di San Lorenzo. C’è un pizzino, trovato a Lo Piccolo al momento del blitz, che va riletto alla luce di quanto è emerso nell’indagine sulla scomparsa di Antonio e Stefano Maiorana.
Nel biglietto attribuito a Lo Piccolo c’era scritto: “Per quanto riguarda l’amico L. di Campobello di M. Ti informo che noi, tramite Frerd, l’abbiamo già contattato. Come di fatti gli avevamo fatto un appuntamento per il 19 Ott. Ma non è venuto. Può essere che M ha avuto qualche imprevisto? O che si sono sbagliati nel posto. Cmq Ferd. si ci stava nuovamente mettendo in contatto per vedere cosa è successo”. È la copia di un documento già inviato o Lo Piccolo non ha fatto in tempo a spedirlo? Chi era il destinatario?
Indagando sul caso Maiorana il pubblico ministero Roberto Tartaglia e i carabinieri del Nucleo investigativo di Palermo hanno sentito alcuni collaboratori di giustizia. Gaspare Pulizzi, arrestato con i Lo Piccolo a Giardinello, nel 2016 ha raccontato che il boss di San Lorenzo rimase “sbalordito” quando seppe che i Maiorana erano scomparsi. Il cantiere di Torretta dove stavano lavorando era “messo a posto”. Il figlio Sandro era “arrabbiato” perché qualcuno si era permesso di fare una cosa simile attirando i controlli in una zona di loro competenza, senza che lui ne fosse stato informato.
E così i boss, padre e figlio, “avviarono un’indagine interna”. Tra i primi a cui andarono a chiedere informazioni c’era Giuseppe Di Maggio, indagato assieme ad un altro imprenditore, Francesco Paolo Alamia. per la scomparsa dei Maiorana. La Procura ha chiesto l’archiviazione. Di Maggio, ha raccontato Pulizzi, tornò con una risposta negativa: nulla aveva saputo della scomparsa.
Il pentito Andrea Bonaccorso ha aggiunto nel 2017 che su incarico di “Andrea Adamo” (pure lui arrestato nel blitz di Giardinello) chiese informazioni a “Nicola Di Salvo di corso dei Mille”. Altro tentativo andato a vuoto. Nessuno sapeva che fine avessero fatto gli imprenditori. All’improvviso, però, scrive il pm nella richiesta di archiviazione del caso Maiorana, l’indagine interna dei Lo Piccolo subì un “brusco stop ed erano davvero pochi i soggetti di Cosa Nostra in grado di opporsi ad una tale iniziativa senza avere il dovere di fornire tutti i chiarimenti necessari”.
Può essere stato Messina Denaro a stoppare le ricerche? Un altro pentito, Antonino Pipitone di Carini, sempre nel 2017 ha riferito che “gran parte dei pizzini dei Lo Piccolo destinati a Messina Denaro venivano gestiti dalla famiglia di Giuseppe Di Maggio”. Dario Lopez, socio dei Maiorana, ha raccontato che “Alamia mi ha detto che conosceva Matteo Messina Denaro. Non fu solo Antonio a dirmi questa cosa, fu proprio Alamia che mi disse che lo conosceva. In ragione di questa conoscenza tra i due che mi spiego perché i Lo Piccolo ogni volta che hanno tentato di sapere qualcosa di questa scomparsa, si sono poi fermati e hanno fatto un passo indietro”.
Sempre Bonaccorso, nel 2017, ha detto di avere saputo da Andrea Adamo e Ferdinando Gallina che a Giardinello i Lo Piccolo aspettavano “un trapanese” che arrivò a bordo di una Fiat Panda insieme a Franco Luppino e allo stesso Gallina. Quando si accorsero che sul cielo di Giardinello c’era un elicottero decisero di fare marcia indietro. Fu poi Pino Scaduto, capomafia di Bagheria, poche ore dopo l’arresto, a svelare a Bonaccorso l’identità del “trapanese”: era Matteo Messina Denaro.
E si torna al pizzino iniziale in cui “l’amico L. di Campobello di M. (potrebbe trattasi di Franco Luppino)” era stato contattato da Ferd (potrebbe essere Ferdinando Gallina che attende di essere estradato dagli Stati Uniti) per organizzare un nuovo appuntamento con “M” dopo che il precedente, il 19 ottobre, era saltato all’improvviso. Chi è M? Forse Matteo Messina Denaro, che si era spostato a Giardinello per discutere di una vicenda talmente importante da correre il rischio di essere arrestato.