"Dovevamo uccidere Falcone, Costanzo, Santoro e Baudo"

“Con Messina Denaro dovevamo uccidere Falcone, Costanzo, Santoro e Baudo”

Il racconto di Francesco Geraci, amico d'infanzia del latitante

PALERMO – Mai formalmente affiliato, ma presente in una delle pagine più buie della storia d’Italia. Francesco Geraci, ex collaboratore di giustizia, è stato amico d’infanzia di Matteo Messina Denaro. Originario di Castelvetrano, viveva da tempo in una località segreta dopo essere uscito dal programma di protezione. Soffriva di un tumore al colon, la stessa malattia del boss.

Ben presto sarebbe diventato molto più di un amico d’infanzia per il padrino trapanese. Al processo d’appello “Capaci bis” a Caltanissetta ha ricostruito la trasferta a Roma ai primi del ‘92 per uccidere Giovanni Falcone, Maurizio Costanzo, Michele Santoro e Pippo Baudo.

Totò Riina aveva dato l’ordine di uccidere Falcone a Roma, dopo il trasferimento alla direzione degli Affari penali del ministero della Giustizia. Il suo racconto partiva dall’inizio: “Andammo a Palermo, con Matteo Messina Denaro, ad una riunione, alla quale non mi fecero prendere parte, credo perché non contavo niente. C’erano Matteo Messina Denaro, Renzo Tinnirello, i fratelli Graviano, Enzo Sinacori, Salvatore Biondo, e lì si è deciso che si doveva andare a Roma”.

Il commando si spostò in trasferta: “Nella Capitale eravamo io, Matteo Messina Denaro, Giuseppe Graviano, Renzo Tinnirello, Enzo Sinacori, e un’altra persona. Mi portarono a Roma perché avevo la carta di credito. E lì presi una macchina a noleggio. Quando partimmo per Roma, io sono andato con Enzo Sinacori in aereo, Matteo Messina Denaro è partito con Renzo Tinnirello, e Giuseppe Graviano è partito con Fifo De Cristoforo. Avevamo compiti differenti”.

Compiti differenti, ma macabri obiettivi comuni: “Cercavamo Maurizio Costanzo, Michele Santoro, Pippo Baudo e Giovanni Falcone perché dovevamo ucciderli. Quando uscivamo eravamo a gruppi: ero io con Sinacori, Graviano con Fifo De Cristoforo, e Messina Denaro con Tinnirello. L’automobile l’abbiamo affittata a nome mio perché ero io che avevo la carta di credito. Per quella trasferta Matteo Messina Denaro diede 5 milioni di lire a ciascuno. A Roma siamo stati circa 9 giorni. Ci dissero che dovevamo uccidere i giornalisti per allontanare l’oppressione dalla Sicilia, creare dei casini al centro – nord Italia, e portare l’attenzione sui vecchi brigatisti”.

Il piano era “di mettere il tritolo in un bidone dell’immondizia o in una macchina vicino al teatro dove si faceva il Maurizio Costanzo Show. Io e Sinacori siamo andati anche a fare un sopralluogo. Di armi a Roma non ne ho viste. Le avevo viste invece a Mazara del Vallo quando le stavano preparando. C’erano dei kalashnikov che Matteo Messina Denaro ed Enzo Sinacori provarono nelle miniere in disuso. C’erano delle pistole. Moltissime armi comunque. Matteo ha comprato moltissime armi nuove, almeno 500 milioni di lire di armi, poi le hanno seppellite”.

Geraci fu arrestato 1994, due anni dopo iniziò a collaborare con la giustizia: “Io facevo il grossista di oreficeria, mi facevano tantissime rapine, anche con sequestro di persona. Allora mi sono rivolto a Messina Denaro per avere protezione, mettendomi a sua disposizione. E da lì non mi è più successo niente. Da lì però è cominciato il calvario, mi hanno fatto sparare pure a una persona che è morta, mi facevano cercare sempre, è stata la rovina della mia vita”.


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