CATANIA. La vita di Vanessa Zappalà era divenuta un inferno. Una ripetuta, umiliante e costante persecuzione che l’aveva costretta ad una esistenza di “paura, angoscia e stress psicologico” come confida lei stessa nel verbale di denuncia redatto dai carabinieri.
Quell’assillante e violenta figura che continuava a minacciarla anche di morte, era quella del suo ex convivente e poi carnefice Antonino Sciuto.
L’associazione dei i nomi tra l’innocente Vanessa ed il lucifero Antonino, oggi diventa irriguardosa. Fa schiumare rabbia e scopre il senso di impotenza che nelle piaghe del nostro inconscio fa quasi scattare un sentimento di responsabilità collettiva nella drammaticità dei fatti sanguinosi avvenuti sul lungomare di Aci Trezza.
E’ la cronaca a riportare nella stessa frase ancora quei due nomi: ma è la coscienza di ognuno di noi ad aver cancellato per sempre la barbarie di chi non meritava una vita vissuta a fianco della candida Vanessa.
Una continua persecuzione
Gli ultimi, sono stati mesi di autentico terrore per Vanessa.
Il suo assassino l’ha pedinata dappertutto. Sotto casa. Sotto quella della cugina. Al centro commerciale. Al panificio dove lavorava. Per strada. Sul sottotetto dell’abitazione appostandosi per ore carpendo le discussioni della famiglia.
Dal 21 febbraio scorso, da quando cioè la loro relazione era definitivamente crollata a colpi di calci, schiaffi e pugni che Vanessa riceveva regolarmente dietro l’alibi ridicolo e immotivato della gelosia, sono stati giorni di maledizione.
In un pen drive, Vanessa aveva conservato le foto con le torture subite dal su ex. Un diario di violenza accompagnato da frasi subite con un tono che l’hanno portata fino al martirio: “Vatinni a fari a buttana chi to cucini tanto sempre appressu a tia sugnu”; “Si iu sacciu ca tu hai a qualcunautru ti pigghiu a colpi di pistola prima a iddi e poi a tia”.
Sono stati giorni e mesi di lacrime. Di sconforto e di spettri impossibili da scacciare.
“Hai una figlia menomata”
“Ciao Carmelo hai una figlia menomata”: sono le parole sfacciate ed impregnate d’odio che Antonio Sciuto rivolge al padre di Vanessa poco tempo fa.
Per qualunque genitore, perdere così la propria figlia è una tragedia che può essere solo alleviata ma mai sconfitta.
Vanessa non ne è uscita viva. Ed oggi, lei come tante altre, lascia un testamento che urla in tutti i modi un’intervento per una legislazione ben più incisiva ed un’azione culturale decisamente meno blanda.
Anche se l’impressione, dopo l’impatto emotivo della tragedia, è che in tanti abbiano già cominciato a dimenticare.