CATANIA – È il pezzo mancante del turbolento weekend dello scorso anno in cui Michael Sanfilippo decise di collaborare con la giustizia. Il killer, ex dei Cursoti Milanesi poi traghettato nei Nizza dopo la guerra a Librino con i Cappello, accompagnò i carabinieri a Vaccarizzo per far trovare il cadavere di Enzo Timonieri, vittima di lupara bianca. Ma quel giorno fece trovare anche delle armi in via Del Maggiolino a Catania. Le pistole sono state usate nella notte tra il 17 e il 18 agosto 2021: una raffica di spari contro la veranda e la finestra di una casa. I proiettili – sul ciglio della strada furono trovati 14 bossoli – avevano bucato i muri di camera da letto e cucina. Insomma sarebbe potuta accadere una carneficina in quella casa, ma invece nessun ferito. Ma l’obiettivo, d’altronde, non sarebbe stato quello di uccidere ma solo di spaventare. Il bersaglio designato non ha voluto dire nulla agli investigatori, anzi ha minimizzato quanto è accaduto.
Un velo di omertà che ha incagliato le indagini che però hanno trovato nuovo vigore proprio quando sono arrivate le dichiarazioni dei tre fratelli Sanfilippo: Carmelo, Michael e Ninni. I pentiti hanno incastrato Davide Scuderi, nome già coinvolto nel processo per il conflitto a fuoco di via Grimaldi. L’avvertimento di fuoco sarebbe stata una risposta a un litigio finito a malo modo. “Nel giugno 2020 abbiamo avuto un litigio perché stava appiccando il fuoco nelle campagne dove io abitavo, motivo per il quale l’ho ripreso”, ha raccontato Ninni Sanfilippo agli investigatori. “Essendo arrogante io gli risposi male, io gli diedi due schiaffi, quindi mi diressi a casa di mio fratello Michael per raccontargli del litigio, mentre chiamavo dal balcone, mio fratello, è apparso sotto i portici impugnando una sciabola con la quale voleva colpirmi, anche se mi sono scansato e ha colpito la moto”, ha descritto ancora Ninni.
A quel punto è scattato il piano di vendetta in cui sono tirati dentro anche gli altri due fratelli Sanfilippo e Scuderi. Carmelo ha preso delle armi da un nascondiglio e le ha consegnate a Michael e l’indagato. “Volevamo solo spaventarlo perché nel caso avessimo voluto ucciderlo lo avremmo aspettato sotto casa”. A sparare le mitragliate sono proprio il 48enne e Michael Sanfilippo. “Mio fratello procurò un Mini Uzi e un kalashnikov, consegnò quest’ultimo a Scuderi e il mitra a me. Arrivammo in via del Maggiolino, nella discesa, mio fratello raccomandò a Scuderi di non sparare invece questi cominciò a sparare nella lastra della veranda dell’appartamento. Anch’io esplosi due/tre colpi di armi”, ha precisato Michael Sanfilippo. Poi le cose con il ragazzo del diverbio sarebbero state appianate. Ma per la gip Marina Rizza che ha firmato l’ordinanza in carcere quanto accaduto assume il “delirio di onnipotenza” di un clan in ascesa. Come lo erano i Cursoti milanesi in quel periodo. Tutto è cambiato però nell’arco di due mesi. Quando la prova di forza nei confronti dei Cappello ha portato due morti ammazzati. E così sono arrivati i fermi, gli arresti e poi i pentiti. Che in un anno hanno riempito pagine e pagine di verbali.