Viaggio nella città dei cani randagi - Live Sicilia

Viaggio nella città dei cani randagi

Tra psicosi e realtà 
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Il cane che mi guarda in cagnesco sarà buono o cattivo? Così, sui miei due piedi e sulle sue quattro zampe, non saprei. Ha un pelaccio arruffato che lo rende simile a Nebbia, il cucciolone di Heidi. Nebbia era buono o cattivo? A forza di andare appresso alle caprette non sarà mica entrato in sindrome depressiva? Certo, non parlava, anzi non abbaiava praticamente quasi mai. E si dava poca pena dei comandi altrui. Forse Nebbia era sordomuto.
Bisogna subito chiedere scusa per questa manciata di psicologismo canino. Ma non ha cominciato chi scrive. Sullo sfondo ci sono due tragedie, una immane, una in via di sviluppo: la morte di un bambino sbranato da un branco e la lotta tra la vita e la morte di una turista che ha patito la medesima disavventura, nella stessa zona. E i giornali si sono scatenati, come la tv, battendo la grancassa del “branco killer” e dei “cani assassini”.
Dunque, tornando alla domanda, come sarà questo cane anonimo che ho involontariamente risvegliato mentre dormicchiava sotto il sole tra i viali di Mondello? E’ lui a togliermi dall’imbarazzo. Mi fiuta i pantaloni. Sorride (sì, sorride). Scodinzola e si allontana. Meno male, gli sono piaciuto e non in senso gastronomico.
La psicosi regna sovrana, col Niagara delle cifre. Settantamila randagi liberi in Sicilia, con licenza di mordere e di uccidere. Diecimila a Palermo. Ieri, erano i romeni. Oggi sono i cani. Oggi c’è l’aggettivo “cattivo”. Cani cattivi, cani assassini.
Sulla piazza di Mondello ci sono cani, senza aggettivi qualificanti. Cani sdraiati tra i sacchetti di immondizia non raccolta. Cani che inseguono i piccioni attardati. Cani in riva al mare come in una canzone di De Gregori.
Nella vicina zona del centro Olimpo, invece, c’è un branco con tanto di comandante ringhioso e rabbioso alla testa. Vanno compatti in squadra e inseguono i motorini di passaggio. Potrebbero raggiungerli se volessero. Si limitano alla rincorsa coreografica, con annessa appendice ululante. In via Basile, nella zona opposta, all’università, pare che i cani siano davvero cattivissimi. Tempo fa una cagna, storica compagna delle occupazioni a Lettere, fu azzannata a tradimento e i denti dell’aggressore le recisero un’arteria fondamentale. Morì nello spiazzale. Inizialmente, si pensò a un investimento automobilistico. Una più attenta autopsia risalì correttamente alle cause del decesso. E cani ci sono negli ospedali, per un muto e incrollabile legame che unisce i degenti ai quattro zampe, nel segno di due diverse solitudini. E branchi di randagi coraggiosi hanno fatto capolino nella parte alta di via Libertà, nel salotto di via Ruggiero Settimo a Palermo. Per ora annusano, si strusciano, masticano resti da bar. Chissà se un giorno, a un segnale convenuto, partiranno tutti in banda come accadde per gli uccelli di un noto film giallo.
O forse anche questa psicosi, prima o poi, passerà. Il povero Giuseppe dormirà nel sonno della vita che non ha avuto. La turista tedesca attraverserà la sua coraggiosa e ultima lotta, in un modo o nell’altro. I titoli urlati sbiadiranno. Dimenticheremo tutti il dato essenziale: perfino queste tragedie ricadono nella responsabilità della cattiva politica. Ecco, cattivi politici, loro sì. E i cani torneranno a essere ciò che sono sempre stati. Cani.


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