Morto d'infarto all'Ucciardone | Il giudice: "Si faccia chiarezza" - Live Sicilia

Morto d’infarto all’Ucciardone | Il giudice: “Si faccia chiarezza”

L'avvocato Enrico Tignini, legale dei familiari della vittima

Respinta la richiesta di archiviazione dell'inchiesta sulla morte di Dino Naso, detenuto a Palermo. Dubbi sulla tempestività dei soccorsi in cella. La direzione: "Garantita l'assistenza necessaria".

PALERMO – Altri quattro mesi di indagine per fare luce sulla morte di Dino Naso, detenuto di 41 anni morto tre anni fa all’Ucciardone. Il supplemento investigativo è stato ordinato dal Giudice per le indagini preliminari Giuliano Castiglia che ha respinto la richiesta di archiviazione presentata dal pubblico ministero.

L’inchiesta è ancora oggi a carico di ignoti. Il Gip vuole chiarezza sulla possibile mancanza di tempestività nei soccorsi. Ci sono dei vuoti, soprattutto temporali, da colmare nella ricostruzione di quanto accadde nell’estate di tre anni fa all’interno del carcere palermitano.

Il 4 agosto 2010, intorno alle 9,30 del mattino, Naso, in cella per spaccio di droga, avverte un fastidio alla gola. Gli portano una pillola e una bustina. La situazione non migliora, ma è ancora sopportabile tanto che verso le 13 il detenuto si prepara una camomilla. Alle 15,30 Naso ha una crisi respiratoria. I compagni di cella chiedono aiuto e viene chiamato il medico. Alle 16,25 Naso riceve le prime cure in infermeria, così come refertato nella cartella clinica. Alle 16,57 parte la telfonata al 118. Bisogna trasferire naso in ospedale. L’ambulanza arriva all’Ucciardone alle 17,10. I medici e gli operatori sanitari del 118 tamponano l’emergenza e alle 17,56 lasciano il vecchio penitenziario per aggiungere il Buccheri La Ferla, dove il detenuto arriva in condizioni gravissime. Sono trascorsi 12 minuti dopo le 18.

Naso è in coma. Il 10 agosto, sei giorno dopo il concitato pomeriggio all’Ucciardone, il suo cuore smette di battere. Non rivedrà più i suoi familiari, la moglie e i quattro figli che si affidano all’avvocato Enrico Tignini per denunciare alla Procura un buco di tre ore dal momento in cui Naso si è sentito male fino al suo arrivo in ospedale. Una ricostruzione sempre respinta dalla direzione del carcere, secondo cui il detenuto ha ricevuto tutta l’assistenza necessaria.

Alla stessa conclusione arriva il pubblico ministero Francesco Grassi che chiede l’archiviazione, senza trovare sponda, però, nel giudice per le indagini preliminari. L’indagine deve andare avanti, così come chiesto dall’avvocato Tignini e dal garante dei detenuti Salvo Fleres che si erano opposti alla richiesta di archiviazione, puntando sull’inefficienza dei soccorsi in una struttura carceraria obsoleta sulla cui invivibilità il parere è unanime.

 


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