PALERMO – Il boss dei Corleonesi Bernardo Provenzano è morto nell’ospedale San Paolo di Milano. Condannato all’ergastolo, fra gli altri motivi, anche per le stragi, Provenzano era in cella dall’11 aprile 2006, quando fu arrestato dopo 43 anni di latitanza. Nel 2013, per il peggioramento delle sue condizioni di salute, i suoi legali avevano chiesto la revoca del 41 bis.
L’avvocato Rosalba Di Gregorio ha presentato istanze al ministro Grazia e giustizia, al Tribunale di sorveglianza e persino alla Corte dei diritti umani di Strasburgo. Istanze tutte respinte. L’ultima istanza di sospensione della pena è di tre giorni fa, quando le condizioni di salute erano apparse disperate. Secondo quanto si apprende, però, il tribunale di sorveglianza di Milano l’avrebbe rigettata due giorni fa. Come, in passato avevano fatto i giudici di Bologna e sempre del capoluogo lombardo a cui gli avvocati del capomafia si erano rivolti.
Sulla salma di Provenzano sarà eseguita l’autopsia, su disposizione del pm di turno di Milano Alessandro Gobbis. L’esame servirà per fugare, come è stato riferito, qualsiasi dubbio sulle cure ricevute all’ospedale San Paolo e sulle cause della morte legate all’aggravarsi della malattia che lo aveva colpito ormai da tempo. Gli esami autoptici, stando a quanto è stato precisato in Procura, saranno effettuati domani o al massimo dopodomani all’Istituto di medicina legale di Milano dove la salma è stata trasferita. Per effettuare l’autopsia il pm ha dovuto aprire formalmente anche un fascicolo a ‘modello 45’, ossia senza ipotesi di reato né indagati. Con la fissazione dell’autopsia, tra l’altro, il legale di Provenzano, l’avvocato Rosalba Di Gregorio, potrà nominare un consulente per seguire gli accertamenti. .
“Le condizioni di Bernardo Provenzano si sono aggravate ulteriormente venerdì scorso a causa di un’infezione polmonare – precisa Roberto Piscitello, direttore generale dei detenuti e del trattamento del Ministero della Giustizia -. Provenzano è entrato in coma irreversibile lo stesso giorno. I sanitari dell’ospedale di Milano, d’accordo con il Dap, hanno avvertito immediatamente i familiari che sono arrivati e hanno potuto usufruire di un incontro col loro congiunto. Il regime di 41 bis – spiega il magistrato – in nulla ha aggravato lo stato di salute di Provenzano: anzi nei due ospedali in cui è stato – detenuto Parma e Milano – ha ricevuto cure puntuali ed efficaci”.
“Ho chiesto al magistrato di sorveglianza di Milano e al direttore del carcere di Opera il rilascio della copia del diario clinico di Bernardo Provenzano degli ultimi quattro anni. L’intenzione è esaminarlo ed eventualmente farlo confluire anche nelle carte all’esame della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo”. Lo annuncia l’avvocato Rosalba Di Gregorio, legale del boss Bernardo Provenzano. La Cedu ha avviato l’esame del ricorso che la famiglia di Bernardo Provenzano aveva depositato nel 2013 chiedendo la condanna dello Stato italiano per il trattamento carcerario disumano imposto, secondo i legali, al boss.
Latitante dal 1963 al 2006, fra le altre condanne, Provenzano è stato riconosciuto colpevole degli omicidi di Giuseppe Russo, Beppe Montana, Ninni Cassarà, Piersanti Mattarella, Pio La Torre, Michele Reina, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Boris Giuliano, Paolo Giaccone, Cesare Terranova e Rocco Chinnici e per le stragi di Capaci e via D’Amelio, per quelle del 1993 e per la strage di viale Lazio. Provenzano, inoltre, era imputato al processo per la Trattativa Stato-mafia: la sua posizione, però, fu sospesa proprio per le condizioni di salute dell’imputato. Nella perizia che ha portato alla sospensione, gli esperti incaricati dal gup Piergiorgio Morosini avevano diagnosticato a Bernardo Provenzano “una grave disabilità motoria e cognitiva tali da non consentirgli alcuna partecipazione al processo in termini coscienti”. A sollecitare la perizia era stata la difesa del capomafia dopo che il tribunale di sorveglianza di Bologna, rigettando la richiesta di sospensione dell’esecuzione della pena fatta dai legali, aveva stabilito che Provenzano era ancora in grado di mandare ordini all’esterno.
Grave stato di decadimento cognitivo, lunghi periodi di sonno, rare parole di senso compiuto, eloquio assolutamente incomprensibile, quadro neurologico in progressivo, anche se lento, peggioramento: e’ l’ultima diagnosi che i medici dell’ospedale hanno depositato. Nelle loro conclusioni i medici dichiaravano il paziente “incompatibile con il regime carcerario”, aggiungendo che “l’assistenza che gli serve e’ garantita solo in una struttura sanitaria di lungodegenza”.
Il feroce criminale corleonese era ricoverato al San Paolo, al regime di carcere duro, dal 9 aprile 2014 dopo aver trascorso alcuni mesi nel centro clinico del carcere di massima sicurezza di Parma. La moglie e i figli di Provenzano, giunti a Milano domenica 10 luglio, come informa il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, il giorno stesso sono stati autorizzati a incontrare il boss.