Morte alla Maratona | Perché non vi siete fermati? - Live Sicilia

Morte alla Maratona | Perché non vi siete fermati?

Vincenzo Mutoli è morto alla Maratona di Palermo. Ma la gara non è stata fermata lo stesso. E' andata avanti fino al traguardo. Perché?

Il lutto e la noncuranza
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PALERMO– Perché avete continuato a correre? Perché non vi siete fermati? Vincenzo Mutoli, quarantasei anni, ha avvertito una fitta al petto, mentre partecipava alla Maratona di Palermo. Le gambe non lo hanno retto. E’ caduto al suolo. E’ spirato in ambulanza, nella traversata verso Villa Sofia. I suoi compagni di viaggio non sono stati avvertiti dell’evento. La gara è andata avanti, all’ombra di un cadavere. Perché non vi siete fermati? Perché avete continuato a correre? Domande da rivolgere agli organizzatori, a chi curava l’ordine pubblico, a chi aveva responsabilità di rango nel quadro di una manifestazione importante. Qualcuno obietterà: è rischioso bloccare una maratona. Bisogna predisporre le vie di fuga. Evitare il flusso del traffico. Non stringere nell’angolo del pericolo atleti e dilettanti. Non mettiamo becco nelle disquisizioni di chi sa più di noi, perché è allenato a conoscere le nozioni che occorrono in frangenti del genere.

Però ci rimane uno sgradevole dubbio, un nonsoché di vischioso che non riusciamo a mettere da parte. E se la tragedia fosse capitata a una delle eccellenze podistiche che hanno calpestato l’asfalto di Palermo? E se la morte avesse colpito un povero Mario Morosini dell’atletica? E se a faccia in giù fosse piombato un campioncino, allora avreste bloccato il circo? Forse sì. Saremmo stati afflitti dalla moviola del dolore, come è stato per lo sfortunato calciatore del Livorno. L’occhio incredulo e sbarrato. La bocca piegata in una smorfia d’agonia. Magari, qualche alto papavero federale avrebbe cavato fuori dalla tasca un fazzoletto punteggiato di lacrime di coccodrillo. Avremmo ascoltato espressioni di cordoglio, lacerti di opinioni dei soliti noti. Tutta la polvere mediatica che si solleva quando a trapassare di sport è un eroe olimpico cinto d’alloro, non un Carneade della pettorina.

Invece le parole che ascoltiamo riguardano soprattutto una polemica postuma, sullo sfondo del consueto scaricabarile, con il capo del 118 che accusa: non sapevamo nulla, e il sindaco Orlando che risponde. Il valzer delle colpe presunte che ha il torto di mettere in secondo piano il lutto. Ci sarà un’inchiesta. Vedremo. Il fatto che balza agli occhi è un altro. Un  uomo è morto. Gli altri che percorrevano il suo stesso cammino non sono stati avvertiti e sono giunti al traguardo, ignari, senza nemmeno la possibilità di conoscere e decidere. Il messaggio che si comunica confina – volenti o nolenti – con l’atrocità: l’evento valeva più di Vincenzo, ucciso dalla sua passione per le scarpette. E d’accordo che non siamo tutti uguali alla partenza, quando cominciamo la nostra maratona. Ci sono gazzelle, leoni e tartarughe. Ma l’arrivo merita il rispetto di tutti, per tutti. Rende necessario il silenzio. La prossima volta, fermatevi.

 


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