CATANIA – C’è anche il nodo della nomina del presidente del Parco dell’Etna fra le questioni che hanno portato il Movimento cinque stelle a proporre la mozione di sfiducia al presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci.
Benché non sia citato esplicitamente, i firmatari del documento (tra questi i catanesi Gianina Ciancio, Iose Marano e Francesco Cappello) puntano il dito contro la procedura che ha portato l’ex sindaco di Belpasso, Carlo Caputo, al vertice dell’Ente con sede a Nicolosi. Due pagine su quattordici della risoluzione che verrà votata oggi ricostruiscono l’intera faccenda e il tiremmolla tra Palazzo d’Orleans e la commissione Affari costituzionali dell’Ars. Una polemica sulla quale il diretto interessato era già intervenuto su LiveSicilia all’indomani della nomina ufficiale e che ora torna all’attenzione del parlamento siciliano. Al momento, tuttavia, non sembrano esserci i numeri per disarcionare Musumeci.
Il caso
Ecco il testo: “Il disappunto che qui si esprime – si legge – riguarda, in particolare, l’aver voluto aggirare le garanzie previste dalla legge, nella misura in cui questa dispone che, per le nomine di alcune cariche importanti, come sono, ad esempio, quelle relative agenti di governo dei maggiori beni naturalistici e ambientali della Sicilia, si debba aver riguardo unico univocamente del fatto che la scelta ricada su persone che siano particolarmente distinte nella salvaguardia dell’ambiente e che siano in possesso di titoli culturali professionale adeguato”.
La storia. “Il presidente della Regione – si legge ancora – ha deciso di aggirare il pericolo di una sonora sconfitta politica e amministrativa, dando seguito alla forzatura che qui si denuncia. Nello scorso mese di ottobre, invero, il governo regionale, seguendo le garanzie imposte dalla legge, aveva inviato le nomine sui parchi naturalistici regionali siciliani alla competente commissione legislativa permanente al fine di ottenerne il via libera politico”.
“Dopo un dibattito serrato – scrivono i cinque stelle – anche interno agli esponenti della compagine politica che lo sostiene, il presidente, conscio degli ostacoli che lo frapponevano al risultato ed i rilievi critici sollevati anche da parte della sua maggioranza, decise di cedere al braccio di ferro ritirando, sua sponte, le nomine proposte. Ciò, prima facie, aveva fatto sperare che fosse maturata anche nel governatore la consapevolezza di dover dare un governo competente e adeguato a degli enti così importanti come quelli degli enti naturalistici in questione”.
Lo scontro
“Invece – continua la mozione –, il capo dell’Esecutivo, disinteressato del tutto agli argomenti su esposti, irragionevolmente imbocco la strada dello scontro istituzionale”. Anziché “dare soddisfazione in nome alle cautele alle garanzie imposte dalla legge, ma solo ed esclusivamente alle logiche spartitori di tipo partitico. Da una parte fece assumere presso il proprio gabinetto alcuni di coloro che gli aveva proposto di nominare a capo degli enti citati e dall’altra richiese al giudice amministrativo siciliano di seconda istanza un parere sul valore del sindacato della commissione Affari istituzionali in merito alle nomine di governo”.
La questione politica. “Per confondere le acque, e il buon senso, pertanto, visto che, tra l’altro, la normativa regionale esclude il passaggio dalla prima commissione legislativa permanente solo nei casi in cui il potere di nomina in questione venga esercitato beneficio di dipendenti dell’amministrazione regionale, ottiene il verdetto del cga il quale rivela tutto ciò che già si sapeva: il vaglio della commissione competente sulle nomine ha valore politico, non vincolante per il governo. Eppure, il presidente espose il risultato consuntivo come se avesse scoperto un farmaco miracoloso, e non soltanto l’acqua calda”.
La sfiducia
L’attacco frontale dei cinque stelle. “Il vero problema del capo dell’Esecutivo, infatti, è sempre stato lo stesso: politico. In una condizione in cui, in passato, ha epitetato persino i suoi in varia maniera, il presidente ha inopinatamente inteso perseguire due scopi: schivare una batosta politica dolorosa, ma soprattutto proteggere i suoi amici i suoi galoppini, persone insomma per le quali curriculum, l’esperienza professionale, i titoli sono relegati al ruolo di orpello, neppure atti a soddisfare l’osservanza formale ai requisiti previsti dalla legge”.
Le conclusioni. “In definitiva, l’unico interesse cui è affezionato l’attuale presidente è pagare le cambiali politiche contratte in campagna elettorale, poco importa se tali ipotesi affossino i cittadini siciliani, i beni naturalistici regionali e la spinta alla ripartenza, che proprio – concludono i deputati del Movimento – in questo momento, avrebbe dovuto contraddistinguere ogni singolo atto di governo della Sicilia”.