Vi siete mai chiesti perché lo Stato ha reso obbligatorio l’uso del casco o della cintura di sicurezza? (cito solo questi due esempi nel generale panorama della cultura della prevenzione che informa buona parte della nostra legislazione) Qualcuno dirà che alla base ci sono ragioni nobili ed eticamente apprezzabili. E la risposta sarebbe azzeccatissima. Gli Stati moderni assumono il “valore uomo” come valore fondante, ed ogni perdita di vite umane rappresenta una perdita per l’intera collettività. Perché è cosi: ciascuno di noi rappresenta una risorsa nella accezione più generale, umanistica e non necessariamente economica del termine.
Ma accanto alle innegabili motivazioni etiche, ci sono quelle più “ragionieristiche”. Il mancato uso del casco o della cintura, non solo può provocare la perdita di una “risorsa” (in caso di morte), ma può tradursi in un costo, in termini sanitari ed assistenziali, in caso di invalidità. Un costo sociale che, inevitabilmente, drena risorse che viceversa potrebbero essere destinate ad altri fini sociali. Insomma, alla base di queste scelte dello Stato, c’è una perfetta sintesi tra ragioni etiche e ragioni pragmatiche.
Ecco perché non funziona, non può funzionare, il semplicistico discorso (che molti di noi avranno fatto) “la testa è mia e se me la sfascio sono cavoli miei” perché lo Stato potrebbe ragionevolmente obiettare, “la testa sarà anche tua, ma se te la sfasci, dovrò comunque pensare io a curarti ed assisterti”. Il “comunque” è bene sottolinearlo, perché evidenzia la concezione solidaristica che lo sorregge. Lo Stato dovrà curare ed assistere anche coloro che non hanno fatto uso del casco o della cintura, perché anche costoro, per quanto colpevoli, non perdono nulla del loro essere risorsa e non cessano di rappresentare il “valore uomo” .
Scusate la rincorsa. E’ che proprio non riesco a comprendere il vespaio di polemiche che è stato sollevato dal discorso del presidente Musumeci. Ha detto che se non ci fossero i disabili gravissimi, le risorse che essi drenano potrebbero essere dirottate su altri versanti. Cosa disvela questa affermazione, se non la considerazione che la Regione intende farsi carico dei problemi dei disabili, negli stessi termini “etico-ragionieristici” di cui ho parlato e che stanno alla base delle scelte nobilmente solidaristiche degli Stati moderni? Poi, magari, il tutto resterà sulla carta, come spesso è accaduto. “Chiacchiere e distintivo”. Ma il principio enunciato è indiscutibilmente quello.
Qualcuno ha parlato di “soluzione finale”, come sinistro sottotesto che si intravede nel discorso di Musumeci. Beh, credo che le affermazioni del Presidente, viaggino in direzione diametralmente opposta. Qualcun altro, più indulgente, ha parlato di affermazione infelice. Sarò miope anche sul piano semantico e lessicale, ma non ho visto neppure quella. Qualcun altro ancora, ha detto che le sue affermazioni finiscono con l’additare alla pubblica opinione i disabili, come fonte dei problemi finanziari della Regione. Un’istigazione all’odio sociale. Io questo retropensiero non l’ho letto. Forse sono limitato. O forse i retropensieri li trova solo chi li cerca.