"Ma Nangano?... a posto Giovà" | Novità sul delitto di Brancaccio - Live Sicilia

“Ma Nangano?… a posto Giovà” | Novità sul delitto di Brancaccio

Una conversazione fra i fratelli - uno ergastolano e l'altro successivamente assassinato - apre una pista investigativa sull'omicidio di Francesco Nangano, crivellato di colpi l'anno scorso in via Messina Marine, a Palermo. Il clan mafioso di Porta Nuova era stato informato del piano di morte.

L'INTERCETTAZIONE
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PALERMO – Carcere di Parma. È il 5 aprile 2013. A colloquio ci sono i fratelli Giovanni e Giuseppe Di Giacomo. Una frase. Una sola frase tira in ballo l’omicidio di Francesco Nangano. Un delitto avvenuto il 16 febbraio. Meno di due mesi prima che le cimici intercettassero la conversazione. “Ma Nangano… Nangano, ma Nangano… Nangano”, insisteva l’ergastolano ripetendo il nome del mafioso crivellato di colpi a Brancaccio. E Giuseppe, anche lui sarebbe morto ammazzato un anno dopo, rispondeva con un categorico “… che?… a posto … a posto Giovà”. E virava su altri argomenti.

Cosa significava “a posto”. Cosa aveva necessità di sapere l’ergastolano e perché? L’intercettazione è confluita nel fascicolo dell’inchiesta sul delitto di Nangano, ucciso all’uscita da una macelleria, quando via Messina Marine brulicava di gente. È ipotizzabile che la conversazione del 5 aprile, e cioè successiva al delitto, fosse stata preceduta da un’altra registrata quando Nangano era ancora vivo. I fratelli Di Giacomo, dunque, sarebbero stati informati del delitto prima che il piano di morte venisse eseguito.

Nangano, sulla base di una nota dei servizi segreti, era in rotta con i vertici del clan di Brancaccio. Nonostante due assoluzione dalle accuse di mafia e omicidio, avrebbe fatto parte della fitta schiera di uomini a disposizione del clan di Brancaccio. A disposizione, ma con una grande voglia di emergere che avrebbe pagato a caro prezzo. Il delitto sembrerebbe essere maturato all’interno del mandamento che fu retto dai fratelli Graviano. Non solo per una questione geografica, visto che via Messina Marine ricade sotto l’egida dei mafiosi di Brancaccio. Dietro ci sarebbe dei profondi dissidi, forse legati ad alcuni affari di droga.

Nangano, però, era molto legato ad un altro potente clan. Quello di Porta Nuova. C’è un episodio che lo conferma, più di altri. Una fonte confidenziale molto attendibile ha raccontato di essere stato incaricato proprio da Nangano di trovare un covo sicuro per le vacanze di Natale 2009 della famiglia di Gianni Nicchi, uomo forte – fino al suo arresto – della mafia di Porta Nuova, nonostante la sua giovane età. Ecco perché chi indaga sull’omicidio Nangano ritiene che i boss di Porta Nuova fossero stati informata della decisione di ucciderlo, confermando lo strapotere di un mandamento che ha visto nel suo reggente, Alessandro D’Ambrogio, l’umo forte dell’intera mafia palermitana.

Che ruolo hanno avuto gli uomini di Porta Nuova nell’omicidio Nangano? Vi parteciparono o si limitarono a prestare il consenso? La risposta, probabilmente, si trova nelle intercettazioni fra i fratelli Di Giacomo e di cui nulla trapela. Le intercettazioni che svelerebbero il perché di quella alla quale Giuseppe Di Giacomo rispose “a posto”.

 


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