Le telefonate fra Giorgio Napolitano e Nicola Mancino esistono davvero, ma non sono rilevanti. E soprattutto non è stata violata l’immunità del Capo dello Stato. Francesco Messineo riceve i giornalisti nella sua stanza dopo avere riunito i magistrati che indagano sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia. Un vertice convocato con l’aggiunto Antonio Ingroia e i sostituti Antonino Di Matteo, Francesco Del Bene e Lia Sava, appena appresa la notizia della decisione del Quirinale.
“A mio parere, anche se tutti gli argomenti giuridici sono controvertibili e posso avere clamorosamente torto – spiega Messineo – le norme che sono poste a tutela del presidente e di tutte le persone coperte da immunità riguardano attività diretta a limitare queste prerogative. Nel nostro caso, se eventualmente ricorre l’ipotesi – aggiunge il capo dei pubblici ministeri palermitani – ci troviamo in presenza di un’intercettazione occasionale, imprevedibile, inaspettata e quindi a mio parere sfugge completamente alla normativa in esame che riguarda l’ovvia esenzione del presidente della Repubblica di qualsiasi ispezione, controllo, intercettazione e perquisizione. Su questo non ho alcun dubbio. Siamo nell’ambito di un fenomeno diverso”. Il Capo dello Stato, infatti, non può essere indagato fino a quando non sia stato sospeso dalle sue funzioni con sentenza della Corte Costituzionale eretta in Suprema Corte di Giustizia. E questo può avvenire solo per alto tradimento o per attentato alla Costituzione.
Messineo usa la diplomazia. Quando parla delle telefonate fra Napolitano e Mancino che sarebbero finite nei brogliacci dell’inchiesta sulla trattativa parla sempre della loro esistenza in “astratto”. Concreta e messa nero su bianco è stata, invece, la richiesta di chiarimenti da parte dell’Avvocatura dello Stato di Roma. Si è trattato del primo passaggio a cui ora è seguito l’intervento di Napolitano che ha sollevato il conflitto di attribuzione. Messineo conferma di avere fornito “tutti i chiarimenti necessari”, ma sui temi dell’indagine ritiene “non opportuno intervenire”.
Accanto a lui c’è Antonio Ingroia, il procuratore aggiunto titolare del fascicolo. Nell’atto di chiusura delle indagini manca proprio la firma di Messineo. Ingroia interviene per sottolineare che ”non ci sono intercettazioni rilevanti nei confronti di persone coperte da immunità”. Né dunque nei confronti del presidente della Repubblica né dell’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino. Una puntualizzazione quella dell’aggiunto che si riferisce alla norma secondo cui le autorizzazioni devono essere richieste dai magistrati solo quando le intercettazioni siano considerate rilevanti. Non è il caso di quelle del Capo dello Stato per la cui distruzione si dovrà attendere l’autorizzazione del giudice per le indagini preliminari, e solo dopo che le stesse siano state messe a conoscenza delle parti.