Nassiriya, Marco Intravaia: "Perché nessuna medaglia per mio padre?" - Live Sicilia

Nassiriya, Marco Intravaia: “Perché nessuna medaglia per mio padre?”

Il ricordo del figlio del vicebrigadiere morto nella strage
LA COMMEMORAZIONE
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PALERMO – Voglio ringraziare di vero cuore il presidente della Regione Renato Schifani e dell’Ars Gaetano Galvagno per avere voluto queste manifestazioni in occasione del ventennale e avere testimoniato con la loro presenza la vicinanza a noi familiari e alla Sicilia tutta, che in quella strage ha pagato un alto tributo di sangue. Sono trascorsi venti anni da quel maledetto 12 novembre che ha portato via mio padre, ma il ricordo di quella giornata resta indelebile nella mia memoria”. Questo un passaggio dell’intervento di Marco Intravaia – figlio del vicebrigadiere Domenico Intravaia, uno dei carabinieri morti nella strage di Nassiriya del 12 novembre 2003 – nel giorno in cui la Regione Siciliana e l’Assemblea regionale siciliana hanno ricordato il sacrificio del padre e di tutti i caduti dell’attentato.

Il ricordo di quel giorno

“Ero a scuola, al liceo, e alla mia compagna di banco arrivò un messaggio che la informava di un attentato al contingente italiano – ha ricordato Intravaia, che oggi è deputato regionale di FdI e presidente del consiglio comunale di Monreale (Palermo) -. Chiamai casa molto preoccupato e non mi rispose mia madre ma un parente, mi resi conto subito di quello che era accaduto. Vennero a prendermi e trovai a casa i colleghi e i compagni di papà. In un primo momento era come vivere la vita di un altro, ma ho dovuto realizzare in fretta: ero un ragazzo spensierato e mi sono ritrovato adulto di colpo. Sapevo che da quel momento mi sarei dovuto occupare io di mia madre e mia sorella. Non è stato facile rialzarmi, papà mi è mancato e mi manca sempre. Ho dovuto affrontare da solo le tappe più importanti della mia vita, sono diventato due volte padre e continuo ad essere guidato dal suo esempio”.

“Mio padre presenza costante nelle nostre vite”

Intravaia ha poi aggiunto: “È assente nel corpo ma è una presenza costante nelle nostre vite. Questi sono stati anni durissimi per la mia famiglia, ma sempre vissuti con dignità e tanto orgoglio. Era un papà affettuoso, allegro e disponibile, amava il suo lavoro, la divisa che indossava e servire il suo Paese con umiltà e senso del dovere”. E ancora: “Sono orgoglioso di essere figlio di un vero servitore dello Stato che mi ha insegnato a credere nei valori costituzionali, nelle istituzioni e ad amarle. Papà ha servito la nazione fino all’estremo sacrificio, consapevole del pericolo, praticamente certo, di potere morire da un momento all’altro”. Il figlio di Domenico Intravaia ha poi sottolineato: “Da allora i momenti difficili e dolorosi sono stati tanti e non soltanto legati alla mia crescita personale. È una ferita aperta il mancato conferimento della Medaglia d’Oro al Valore Militare alla Memoria per 17 militari italiani appartenenti all’Arma e all’Esercito che facevano parte della memoria ‘Antica Babilonia’. Tutti erano a conoscenza dei rischi che correvano ma sono rimasti sul posto, per difendere l’Occidente dal terrorismo, tenere alti i valori della pace, della bandiera e della Repubblica italiana presso quel popolo sfortunato e distrutto dalla guerra. Insieme con gli altri familiari lanciamo un appello al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, al presidente del Consiglio Giorgia Meloni e al ministro della Difesa Guido Crosetto affinché sia concessa la più alta onorificenza per un militare”.

“Manca la verità sulle responsabilità militari”

E infine: “Un altro nervo scoperto è la vicenda giudiziaria che non ha ancora fatto luce sulle responsabilità dei vertici militari che ignorarono le informative dei servizi segreti rispetto ai rischi della missione. L’allora generale dell’Esercito Bruno Stano è stato condannato in Cassazione per non avere attivato tutte le procedure di sicurezza che avrebbero ridotto l’entità della strage. È grande il rammarico per avere avuto in quella sede lo Stato contro, attraverso l’Avvocatura che ha difeso e difende l’imputato e il ministero della Difesa, che ha provato e prova a negare tutte le evidenze e le responsabilità emerse e conclamate. Noi familiari, ma anche l’intero Paese, abbiamo bisogno di verità sulla più grande strage di militari del dopoguerra, morti per assicurare la pace e la convivenza civile internazionale”.


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