Vogliono distruggere il | nostro presepe sentimentale - Live Sicilia

Vogliono distruggere il | nostro presepe sentimentale

Il presepe col gommone

Dai nuovi allestimenti alle immaginette via da scuola. Così si toglie la speranza. Anche a Natale.

Arrivavano al presepe, col cuore in mano, come certe raffigurazioni di Gesù, cercando la neve che non c’era. Alcuni erano semplicemente bambini e si incantavano di meraviglia, osservando la capanna con il bambinello, il bue e l’asino, circondata da palme inverosimili. Alcuni venivano dalla strada e odoravano di marciapiede. Alcuni erano appena stati in cucina; avevano addosso la bruciatura aromatica del caffè, col riflesso di certi bisbigli segreti. Alcuni erano padri degli anni Ottanta; canticchiavano Lucio Dalla: “Ah felicità…”. Alcuni erano Ufo Robot giocattolo, in alta uniforme, molto compresi di sé, tra le dita di un ragazzino. Alcuni avevano corpi diafani, vicini a una luminosità irrevocabile. Il presepe abbracciava tutti, senza distinzioni.

Era stato difficile da preparare nel salone maggiore di una casa di cui rimane poca memoria. L’impalcatura assemblata con mobili spostati a forza di braccia e di sbuffi nel punto in cui sarebbe stato necessario trovarli. Un terrapieno di sughero. Il cielo con le puntine che lo reggevano – nella sua stoffa blu – imitando le stelle. La stagnola accartocciata per mimare le increspature di un corso d’acqua. Il polistirolo espanso, con la sua fittizia coltre bianca. La casa del ciabattino, il fuocherello del venditore di caldarroste, il bancone del pane. Nel coro natalizio, spiccava ‘lo scantato’, lo Spaventato del Presepe, pensato per esprimere infinito stupore, con le sue braccia levate in alto, ma sempre raffigurato nella fissità di un indicibile, nonché ignoto, terrore.

Quello era il nostro presepe intimo, familiare, irripetibile. Costruito per costruire a sua volta una piccola pace. E il mondo restava fuori, col suo stridore di disperazioni e contraddizioni. Ora non c’è quasi più. L’hanno cancellato con un tratto di superbia. Per fortuna, si annotano caparbie sacche di resistenza umana.

In una cittadina dalle parti di Bologna, per esempio, un sindaco – un renziano, ca va sans dire – ha disposto che Gesù bambino nascesse su un gommone, nell’allestimento di piazza, pur di sensibilizzarci coattivamente sul tema delle migrazioni. Ne è nato un putiferio con l’arcidiocesi che ha difeso la tradizionale mangiatoia. Nell’allestimento che appare iconograficamente orrendo si leggono chiare le tracce del soprassalto buonista che nulla ha a che fare con la bontà e che vorrebbe risolvere sul piano dei simboli tragedie di cui non sa misurare la portata.

Ha scritto Antonio Gurrado sul ‘Foglio’: “Sostituire la mangiatoia col gommone significa sottrarre la nascita di Gesù al suo momento eterno per angustiarla nelle strettoie del qui e ora: ovvero significa ridurre la redenzione, che riguarda tutti gli uomini in ogni luogo e ogni tempo, a politichetta o a fatto di cronaca, che si caratterizza per la gettata limitata. Sostituire la mangiatoia col gommone sarebbe come sostituire la croce con la sedia elettrica, e dimenticare che da secoli la mangiatoia contiene già ogni possibile gommone, la croce ogni sedia elettrica, ed entrambe ogni sofferenza”.

E significa consentire l’ingresso banale del mondo in un luogo consacrato alla memoria cara dell’infanzia. La realtà è un ospite a cui non si può dire di no. Ma quanta brutalità si snoda nell’imposizione che rende ‘o presepio’ modificabile, secondo marketing e agenda sociale, non più l’indicazione di una dolcezza lieve e senza tempo. Quanta ipocrisia nella palestra declamatoria dell’impegno che non rispetta i punti di ristoro dell’anima, perché la nega.

Un simile schema del politicamente corretto ha convinto un preside palermitano a togliere i simboli religiosi dalla sua scuola. Una brava persona, questo dirigente, un funzionario preparato che merita rispetto e che ha spiegato il perché e il percome. Inappuntabile il suo laicismo da ecumenico regolatore del traffico delle coscienze. E certe reazioni sono apparse eccessive, sgrammaticate.

Eppure, se togli Gesù in effigie – purché la presenza sia moderata e rispettosa e senza obblighi confessionali – togli calore, preghiere e ipotesi di raccoglimento per chi volesse approfittarne. Togli grammi di sacro, non aggiungendo nulla, neanche la sfacciataggine del profano. Togli la speranza, senza metterci niente. Se togli il presepe al presepe…

C’era una volta il presepe familiare, situato in una casa di cui sopravvive una bruciatura di ricordi, un fumoso chiacchiericcio ai bordi della cucina. Ci recavamo in processione, da bambini, nella notte tra il 24 e il 25, per deporre il bambinello nella mangiatoia, modulando: “Tu scendi dalle stelle”, a fior di labbra. Cercavamo l’incanto della neve. Né abbiamo mai smesso di cercarlo.

 

 


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI