PALERMO – C’era una volta il Pdl siciliano, unito, potente e vincente. C’era una volta un’intera isola che si affidava armi e bagagli al sogno del centrodestra. C’erano i trionfi elettorali, il pieno di voti a ogni chiamata alle armi, auto blu e lampeggianti, le grandi folle che riempivano i palasport e celebravano non soltanto Silvio Berlusconi, ma un’intera classe politica cresciuta sotto la luce di Arcore. C’erano i sindaci delle prime tre città siciliane: Cammarata, Stancanelli e Buzzanca. C’era la poltrona più alta dell’Assemblea regionale con Francesco Cascio: uno schieramento granitico che non aveva rivali nella corsa alla presidenza della Regione, con il pieno di posti di sottogoverno tra Partecipate, ex municipalizzate e aziende sanitarie.
C’era tutto questo e adesso non c’è più. Adesso c’è il Nuovo centrodestra. La scelta radicale di un Berlusconi ritornato al sogno di Forza Italia ha dato il via all’ultimo stadio di un naturale processo evolutivo che proprio in Sicilia mostra i suoi effetti più evidenti. Il Cavaliere è andato per la sua strada, portandosi dietro una buona fetta di consenso, e a raccogliere il testimone di un centrodestra siciliano “moderato e riformista” sono stati alcuni degli uomini che hanno fatto la storia di quella parte politica e che adesso si giocano tutto in un progetto che inevitabilmente risulta ad alto rischio. E’ rimasto il fantomatico asse Schifani-Alfano, ma oggi assume tutt’altra luce rispetto al passato. Niente bagni di folla né comizi a suon di slogan: inaugurato lo stile british, quasi austero, con il linguaggio “della responsabilità”. Sono lontane anni luce le visite di Berlusconi nella terra del 61 a 0. I grandi sorrisi non sono più di casa tra chi, come Angelino Alfano, diviso tra responsabilità di governo e organizzazione del partito, avverte il peso di risultati elettorali difficili da emulare. Nonostante la mancata discesa del Cavaliere e la sconfitta alle ultime Politiche, nella circoscrizione Sicilia 1 il Pdl risultò il secondo partito, dietro al Movimento cinque stelle, con oltre il 26 per cento. Ad oggi i sondaggi danno l’Ncd attorno al 7 per cento.
L’auto non è stata ancora testata in gara, ma di fatto la creatura di Renato Schifani e Angelino Alfano stenta a decollare in termini di appeal politico e le elezioni Europee si avvicinano a grandi passi. L’ex presidente del Senato era planato al Grand Hotel delle Palme in una piovosa domenica di novembre per spiegare ai palermitani i motivi del divorzio da Berlusconi e lanciare il nuovo partito. A quella manifestazione, organizzata in fretta e furia dopo le travagliate giornate romane, parteciparono poco più di 400 persone. Da allora, il primo dato oggettivo è arrivato soltanto questa settimana: la presentazione del gruppo che prenderà vita all’Assemblea regionale siciliana.
Anche qui il verbo essere va coniugato al passato. La differenza con il gruppo Pdl che aveva concluso l’ultima legislatura a Palazzo dei Normanni, guidato da Innocenzo Leontini, è abissale: da 18 a 7 componenti. Di fatto, la nuova sigla non ha avuto finora quell’effetto catalizzatore all’interno di Sala d’Ercole che in tanti pensavano. Il Nuovo centrodestra sarà soltanto la quinta forza parlamentare. Fuori dalla stanza dei bottoni, stretti tra la necessità di mostrare i muscoli dell’opposizione e la voglia di dialogo con Crocetta, gli alfaniani rischiano di rimanere in un limbo. Questa volta è il centrosinistra che dà le carte, con un governatore che mal sopporta persino i diktat del Pd. Dall’altra parte del fiume c’è anche l’alleato di un tempo, quell’Udc fondamentale per ogni coalizione in Sicilia e che ha ingrossato le sue truppe all’Ars. Davanti a D’Asero, Cascio, Alongi, Vinciullo, Germanà, Fontana e Milazzo c’è un’impresa difficile: riuscire a ritagliarsi un ruolo da protagonisti, sgomitando.
La maratona sulla Finanziaria regionale è lo specchio di questa situazione. Crocetta tratta ma non cede e ha già detto esplicitamente di considerare il Nuovo centrodestra di Misuraca e Castiglione come una delle possibili forze con cui trovare convergenze sul terreno dei provvedimenti da approvare, ma senza rincorse spasmodiche. Parole che ridimensionano il peso specifico di una pattuglia che prova a dare fuoco alle polveri in queste ore di lunghe non stop per l’approvazione della manovra.
Le difficoltà di presa restano tali anche nella vicina Sala delle Lapidi, sede del Consiglio comunale di Palermo, dove uno dei pilastri storici del Pdl cittadino, Giulio Tantillo, si mantiene ancora fuori dal Nuovo centrodestra. Al momento gli uomini di Alfano sono complessivamente tre, fuori dai giochi in un Consiglio composto da 50 elementi. Non va meglio fuori dalle assemblee elettive, con un partito che stenta a formare una propria rete di contatti sul territorio e che non ha ancora ufficializzato la propria sede. Tutto questo negli stessi giorni in cui i cugini di Forza Italia annunciano la costituzione di quasi mille club ‘Forza Silvio’. La sfida per il rinnovato asse Schifani-Alfano è obbligatoria: risalire la corrente e tornare a coniugare il verbo essere al presente.