CATANIA – La mafia dei pascoli era pronta a sparare per conquistare nuovi lembi di terra con i quali ottenere i contributi dell’Unione europea. La Direzione investigativa Antimafia di Catania, diretta da Renato Panvino, insieme alla sezione operativa di Messina, ha sequestrato il “tesoro” di Giovanni Pruiti, ritenuto “reggente del clan mafioso operante a Cesarò – scrive la Dia – e referente territoriale, per la zona di Bronte e nel territorio dei Nebrodi, del clan catanese “Santapaola-Ercolano”.
I sigilli sono scattati per imprese agricole, terreni, fabbricati, veicoli, titoli ordinari e rapporti finanziari. Un’azione frutto della sinergia con la Procura della Repubblica guidata da Carmelo Zuccaro.
Giovanni Pruiti è l’indagato chiave, dopo Turi Catania, ritenuto il boss di Cosa nostra a Bronte, dell’inchiesta scattata dopo un’escalation di violenza ai danni di alcuni allevatori dei Nebrodi che sarebbero stati minacciati, intimiditi e aggrediti allo scopo di vendere ettari di bosco a prezzi stracciati. Un sistema, secondo gli inquirenti, creato dal gruppo che farebbe riferimento ai Santapaola che operano tra Cesarò, Maniace e Bronte per bypassare il “protocollo Antoci” e riuscire a ottenere i fondi comunitari destinati all’agricoltura.
IL PROFILO – Giovanni Pruiti, 41 anni, è considerato “reggente del clan mafioso operante a Cesarò – scrive la Dia – e gerarchicamente inquadrato alle dirette dipendenze del pregiudicato Salvatore Catania, quale referente territoriale per la zona di Bronte e territori limitrofi della famiglia catanese Santapaola”. Giovanni Pruiti “è stato condannato – continua la Dia – nel 2005 per partecipazione ad associazione di stampo mafioso, associazione diretta da Salvatore Catania e operativa nei territori di Bronte, Maniace, San Teodoro e Cesarò”.
Il 14 febbraio del 2017, Giovanni Pruiti, nel frattempo – secondo gli investigatori – “assurto a capo del clan di Cesarò dopo l’arresto del fratello Giuseppe”, è stato sottoposto a fermo, insieme al noto boss mafioso Salvatore Catania, detto Turi, nell’operazione “Nebrodi”.
I RAPPORTI CON IL BOSS – Il legame con Salvatore Turi Catania consente di ritenere il clan di Cesarò, “capeggiato dai Pruiti”, secondo la Dia, “espressione della potente e pericolosissima famiglia mafiosa catanese dei Santapaola-Ercolano, di cui il Catania costituisce elemento di spicco, a capo del clan mafioso di Bronte, affiliato alla famiglia Santapaola, di cui garantiva gli affari illeciti nel territorio che da Bronte si espandeva fino ad Adrano e Paternò.
IL RUOLO DI AIELLO – Le indagini hanno documentato i rapporti con il boss catanese Vincenzo Aiello e gli emissari dei noti boss palermitani di Cosa Nostra Lo Piccolo. In particolare è emerso come, in presenza di maggiori controlli e requisiti per ottenere l’affidamento di terreni demaniali (in seguito alla stipula del protocollo di legalità da parte del Presidente dell’Ente Parco Giuseppe Antoci), i clan mafiosi hanno iniziato una escalation di attentati con intimidazioni tipiche del metodo mafioso, per avere il controllo di terreni privati tramite i quali ottenere numerosi benefici economici. “Le attività investigative svolte in quel contesto – scrive la Dia – consentivano di documentare come il sodalizio riconducibile a Salvatore Turi Catania riuscisse ad ostacolare con il metodo mafioso ogni libera iniziativa agricola-imprenditoriale e condizionare fortemente il libero mercato. Il gruppo criminale operava in prima istanza su tutti gli aspiranti acquirenti provocandone il recesso dalle trattative in corso, anche mediante concrete intimidazioni”.
L’INDAGINE – Dopo l’attentato contro Giovanni Antoci, la Dia e la Procura di Catania hanno avviato approfondimenti sui contributi erogati dall’Agea a soggetti ritenuti legati, direttamente o indirettamente, a Cosa nostra. Gli uomini della Dia hanno analizzato la figura di Clelia Bontempo, convivente del pregiudicato Giovanni Pruiti, fratello dell’ergastolano Giuseppe condannato per associazione mafiosa e omicidio.
“Le evidenze investigative emerse dalle svariate indagini condotte – scrive la Dia – nel tempo sul conto dei clan mafiosi operanti nel territorio dei Nebrodi, suffragate dalle condanne pronunciate in via definitiva dall’Autorità Giudiziaria, confermano l’elevato spessore criminale della famiglia Pruiti, i cui affari ruotano intorno all’accaparramento dei terreni agricoli in affitto, degli allevamenti e al controllo del settore della commercializzazione della carne”.
IL PATRIMONIO – Le indagini condotte dalla Dia si sono sviluppate principalmente sulla ricostruzione reddituale e patrimoniale di Giovanni Pruiti e del proprio nucleo familiare. In particolare è stata evidenziata la “sproporzione” tra i redditi dichiarati ed il patrimonio acquisito nel corso dell’ultimo decennio. “Nonostante la cospicua percezione di contributi erogati – si legge negli atti della Dia – da parte della comunità europea che, tra l’altro, non potevano essere assegnati a soggetti destinatari di misure di prevenzione e dei loro familiari, il patrimonio rilevato dalle investigazioni è risultato frutto di investimenti di gran lunga superiori ai flussi finanziari regolarmente dichiarati”.
IL PROVVEDIMENTO – Il Tribunale di Catania quindi, accogliendo la proposta avanzata dal Direttore della Dia, ha disposto il sequestro del patrimonio di cui il Pruiti risulta disporre direttamente o indirettamente, consistente in imprese operanti prettamente nel settore agricolo (allevamento e coltivazione dei fondi), numerosi terreni agricoli, un fabbricato ubicato in Cesarò (ME), diversi veicoli, titoli ordinari AGEA e rapporti finanziari in corso di quantificazione.