PALERMO – Nelle scuole palermitane continua lo stato d’agitazione. Nonostante quasi tutti gli istituti abbiamo disoccupato entro la fine di novembre, gli studenti hanno continuato a mettere in atto azioni di protesta alternative, registrando spesso la piena collaborazione di insegnanti, presidi e genitori.
All’istituto tecnico industriale Vittorio Emanuele III, gli studenti hanno mantenuto l’occupazione per poco più di d’una settimana, tra il 20 e il 30 novembre, procedono le assemblee di classe per discutere dei temi del diritto allo studio e del lavoro. “Le assemblee si sono svolte durante l’orario di studio – spiega Andrea Manerchia, coordinatore delle rete degli studenti medi – ma anche senza interrompere l’attività didattica, con il pieno accordo del preside e del corpo docente, a dimostrazione che il disagio della scuola è pienamente condiviso. Sarebbe incoerente interrompere la protesta iniziata in autunno. Non prevediamo per il momento altre manifestazioni, ma, insieme alla Cgil e alla Flc scuola, stiamo raccogliendo le firme per presentare una proposta di legge regionale. Sottoporremo al nuovo assessore le nostre proposte in merito ai servizi agli studenti e all’edilizia scolastica”.
Al liceo classico Garibaldi, dove non si è giunti a una vera e propria occupazione, i ragazzi hanno cogestito la scuola per una settimana. La preside li ha autorizzati ad usare due ore la mattina, per svolgere assemblee sui temi della riforma, e la sede della succursale per svolgere attività extracurriculari nelle ore pomeridiane. “La partecipazione alle assemblee è stata massiccia, ma anche i dibattiti, i cineforum e i laboratori organizzati durante il pomeriggio sono stati frequentati da centinaia di ragazzi – racconta Malvina Amato, rappresentante d’istituto – stiamo lavorando a un calendario di attività da svolgersi a gennaio”.
Solo la scorsa settimana si sono concluse le assemblee di corso al Cannizzaro, una forma di protesta adottata dagli studenti in seguito a una settimana di occupazione a novembre. Quando, per primi a novembre, gli studenti di questo liceo hanno deciso di occupare, il preside Leonardo Saguto si era detto amareggiato dalla decisione e si era anche parlato delle sue dimissioni. “Conclusosi questo momento di protesta estrema – spiega Saguto – che è stato vissuto anche dai docenti in maniera molto problematica, si sono avviate anche durante l’orario curriculare attività dedicate ai temi della protesta, cui hanno partecipato anche i docenti. Ci sono stati anche momenti in cui la protesta è stata condivisa da alunni e insegnanti, come lo sciopero di dicembre”.
E domani all’Einstein si terrà un’assemblea per discutere la disponibilità a tenere la scuola aperta anche durante le vacanze di Natale. Qui gli studenti, durante l’occupazione di novembre, hanno cominciato a ristrutturare la palestra della scuola. L’hanno chiamata “riattivazione” di uno spazio che per 20 anni è rimasto sempre lo stesso. Hanno raccolto dei fondi, con i quali hanno sostituito in vecchi rivestimenti e imbiancato le pareti. Adesso vogliono finire il lavoro, anche durante le vacanze: “Stiamo anche preparando un calendario per continuare quelle attività, assemblee tematiche, cineforum e dibattiti, che finora hanno registrato piena partecipazione da parte degli studenti”. La protesta contro il decreto Aprea ha portato gli studenti in piazza, talvolta con modalità diverse, fino ad arrivare allo scontro con la polizia del 16 novembre. “C’è effettivamente una spaccatura nel fronte della protesta. Non sono condivise le modalità, ma in parte anche i contenuti”, spiega Andrea Manerchia.
E c’è anche chi ha deciso di dissociarsi perché non condivide l’andamento della protesta. Vincenzo Sanfilippo, rappresentante d’istituto del Galilei, dove si sono svolti tre giorni di cogestione, ha deciso di dimettersi in seguito allo scemare della partecipazione nella sua scuola: “Ricordo l’esperienza dell’occupazione contro la riforma Gelmini. C’era più consapevolezza. Io credo che il fatto che le proteste rimangano sempre senza riscontro, che le decisioni politiche vengano prese sempre senza considerare le esigenze degli studenti, abbiano fiaccato la volontà di confrontarsi sui temi che ci riguardano e di protestare per difendere i nostri diritti”.