Catania, la lettera: "Bloccato dalle barriere architettoniche"

“Nessun interrogatorio a causa delle barriere architettoniche”

L'episodio raccontato da un avvocato sulla sedia a rotelle
LETTERA IN REDAZIONE
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CATANIA – Riceviamo, e pubblichiamo, dall’avvocato Francesco Sanfilippo.

“Sono un disabile, con impedite capacità motorie, che per farla breve si muove utilizzando una sedia a rotelle.
Ciò malgrado, continuo a svolgere la mia attività lavorativa, ovvero la Professione di Avvocato, districandomi non soltanto tra le Leggi. Ma anche tra le numerose barriere architettoniche esistenti in edifici pubblici, quali Palazzi di Giustizia, Commissariati, Sedi ASP e chi più ne ha più ne metta.

Barriere architettoniche che, in un Paese ideale, in cui le Leggi le rispettano non soltanto i cittadini. Ma anche coloro che per funzione sono chiamati a farle rispettare, non dovrebbero più esistere.

Dal 1971 ai giorni nostri – passando per la Legge 13/89, DM 236/89, la Legge 104/92 e le varie norme Sovrannazionali, fra tutte la Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità dell’ONU, e moltissime altre norme – il legislatore si è preoccupato ad obbligare gli Enti Pubblici, oltre che i per privati, ad eliminare o rendere superabili le barriere architettoniche, anche adottando i c.d. P.E.B.A, ovvero i Piani di Eliminazione delle Barriere Architettoniche.

Mi chiedo come sia possibile, ai giorni nostri, che un disabile non possa svolgere la propria attività lavorativa, solo perché disabile! Oggi è accaduto l’ennesimo episodio, oserei dire di normale routine. Nello specifico dovevo rappresentare un mio assistito, che doveva rendere interrogatorio.

Per via delle barriere architettoniche, che interessano il Commissariato Centrale di P.S., ubicato a Piazza Teatro Massimo, abbiamo concordato l’espletamento dell’atto presso il Commissariato Librino. Purtroppo, per un disguido organizzativo, l’ispettore deputato all’atto aveva segnato la sede originaria, ovvero quella di Piazza Teatro Massimo.

Inutile dire che l’interrogatorio non si è tenuto. Io ho sprecato del tempo e il mio assistito, che vive già il dramma di un procedimento penale, ha rovinato una giornata di ferie.
Il problema non è tanto il tempo sprecato o il disguido verificatosi. Il vero problema è che il Commissariato di P.S. è uno dei tanti uffici pubblici, che non sono accessibili ai cittadini disabili, per via delle barriere architettoniche.

Barriere architettoniche che sono il frutto di una totale e generalizzata insensibilità istituzionale che dura da oltre 30 anni. E che mortifica la Costituzione Italiana, sinanche in uno dei suoi pilastri portanti: il principio di uguaglianza, enucleato nell’art. 3 della Carta Costituzionale.

Spero che prima o poi si capisca che il disabile non è un cimelio da utilizzare quale foto di copertina in occasione di convegni vari. Ma che il disabile è un cittadino come tanti, titolare di diritti e destinatario di doveri.

Rispettare la disabilità significa rispettare le norme, anche attraverso l’abbattimento o il superamento delle barriere architettoniche perché “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale ed è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli (Art. 3 Cost.)”.


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