CATANIA – La storia giudiziaria di Antonino Santapaola si racconta a suon di perizie. I consulenti, però, non sembrano d’accordo sulla capacità o meno del fratello del capomafia di Cosa nostra catanese di poter partecipare coscientemente (così si dice in gergo) a un processo. Nell’ultima udienza tenutosi davanti alla seconda sezione penale del Tribunale di Catania il collegio peritale aveva dichiarato che l’imputato poteva sostenere il giudizio, oggi nel corso di un procedimento d’appello la conclusione è stata completamente sovvertita.
“Antonino Santapaola è incapace di partecipare coscientemente in giudizio”. Lo ha stabilito la Corte di Appello di Catania, Terza Sezione Penale, Presidente Carolina Maria Giuseppina Tafuri, Consiglieri Tiziana Carrubba e Anna Maria Gloria Muscarella, col parere favorevole del Sostituto Procuratore Generale Sabrina Gambino.
La decisione – come si legge in una nota diffusa dallo studio legale di Giuseppe Lipera, difensore di Nino Santapaola – è stata presa dopo l’audizione del perito nominato dalla Corte, Antonino Petralia, Docente in Psichiatria all’Università di Catania, il quale ha ribadito quanto affermato nella relazione scritta depositata ove ha sostenuto che “l’imputato ha ormai un quadro clinico cristallizzato ed irreversibile nell’ambito della schizofrenia cronica residuale in soggetto con sindrome psicorganica secondaria a trauma cranio-encefalico e quadro psico-linguistico di tipo schizofasico o chiacchierio completamente sconnesso, senza perdita del potere di riflessione e senza grave eccitamento”.
Per il consulente, inoltre, l’imputato “continua a presentare in modo diffuso e quasi ubiquitario la qualità psicopatologica che gli autori francesi ritengono specifica della schizofrenia: la Discordance (Discordanza) tra il contenuto del proprio pensiero e la componente emotiva ed affettiva che ad essa si collega” ed ha aggiunto che “un ulteriore elemento che emerge in modo sempre più evidente e che si correla al danno fronto-parietale (esito del trauma cranico subito in età giovanile) è una marcata ed importante alterazione della traccia mnesica, sia quantitativa (della memoria episodica e cioè del dove, del quando, del chi, del che cosa; di quella semantica o del significato conferito al ricordo di quello o di quegli episodi; e di quella autobiografica che codifica l’appartenenza del ricordo del proprio Sé) che qualitativa (allomnesie e paramnesie e cioè illusioni e allucinazioni del ricordo) che sono fondamentali perché un ricordo sia riconosciuto come tale e appartenente a colui che rievoca”.
A questo punto la presidente Tafuri ha sospeso il processo rinviandolo al 16 gennaio 2016. In questo lasso di tempo, precisamente a ottobre, si svolgerà l’udienza davanti alla prima sezione penale del Tribunale che dovrà sciogliere la riserva sulla revoca della sospensione presentata dal pm Agata Santonocito dopo l’esame dei tre periti che avevano invece dichiarato la “capacità dell’imputato di seguire coscientemente il procedimento”. I giudici potranno esprimersi dopo aver ascoltato le controdeduzioni dell’avvocato Lipera in merito alla consulenza del collegio. Sicuramente quanto accaduto oggi in Corte d’Appello avrà un peso sulla decisione.