C’è un ingrediente della civiltà di un Paese che si chiama comune senso del pudore. Va oltre la legge e le sentenze di colpa e di innocenza. Nessuno – chi è garantista lo sa – può essere messo in croce sulla base di un sospetto, di un’accusa non provata o di un articolo di giornale. Ma tutti sono soggetti a un giudizio per le vicende di cui sono protagonisti.
Prendiamo, per esempio, Alessandro Alfano, fratello di Angelino, ministro dell’Interno. Dopo il clamore mediatico suscitato dall’assunzione alle Poste, con relativo mega-stipendio e concomitante indagine (che non lo vede coinvolto) su una presunta centrale di presunti faccendieri – storia che ha provocato, nei suoi risvolti, l’insorgere di una violenta polemica politica – il ‘Fatto Quotidiano’ è tornato a occuparsi di lui e della sua strabiliante ‘scalata’.
Scrivono Marco Lillo e Valeria Pacelli: “L’assunzione di Alessandro Alfano, fratello del ministro dell’Interno, nel gruppo Poste nel 2013 è al vaglio della Corte dei conti. La Procura di Roma ha infatti inviato ai magistrati contabili una relazione di sei pagine (ma con centinaia di pagine allegate) per mettere in fila tutte le tappe della carriera di Alfano jr, emerse dagli atti dell’inchiesta penale che vede indagato tra gli altri, l’uomo vicino al ministro dell’Interno, Raffaele Pizza, arrestato il 6 luglio”.
“In una delle conversazioni intercettate nel gennaio del 2015, Pizza si vantava con Davide Tedesco, collaboratore del ministro Alfano, di aver facilitato, grazie ai suoi rapporti con l’ex amministratore di Poste Massimo Sarmi, l’assunzione del fratello del ministro in una società del Gruppo, Postecom. Pizza diceva: ‘Lui come massimo (di stipendio, ndr) poteva avere 170 mila euro e io gli ho fatto avere 160 mila. Tant’è che Sarmi stesso gliel’ha detto ad Angelino: ‘Io ho tolto 10 mila euro d’accordo con Lino’ (Pizza, ndr), per poi evitare. Adesso va dicendo che l’ho fottuto perché non gli ho fatto dare i 170 mila’. Pochi mesi dopo quelle presunte lamentele, Alfano jr (laurea triennale a 34 anni in Economia) viene trasferito in un’altra società del gruppo – Poste Tributi – e lo stipendio supera i suoi desiderata: 180 mila euro lordi all’anno”.
E ancora: “Dopo il trasferimento con aumento a 180 mila Alfano jr è rientrato in Poste a maggio scorso. È stato proprio Francesco Caio, l’uomo scelto da Matteo Renzi per risanare le Poste, a vistare per l’occasione l’ennesimo aumento fino a 200 mila euro”.
Qualche tempo fa, pure ‘Repubblica’ aveva tratteggiato un gustoso ritratto di Alfanino: “Per lui, d’altronde, c’era già disegnato un futuro romano: ecco a fine 2013 l’incarico “incriminato” a Postecom, una delle società del gruppo Poste. Proprio in questi giorni il rampollo agrigentino aveva ottenuto il trasferimento a Palermo. La qualifica? Responsabile di Poste, per la Sicilia, del settore patrimoniale. Titolo prestigioso. Ma in linea con le ambizioni di uno che ‘tende a bruciare le tappe'”. Dunque, dopo una paga rilevantissima, anche l’eliminazione del fastidio di un impiego fuori sede.
Quando si dice: una carriera sul velluto – quella di Alfano jr – al riparo nella terra natia, con uno stipendio che quasi tutti i trentenni (e anche i quarantenni e i cinquantenni) si sognano. Non ci sono rilievi penali, ma trapela una evidente notizia del disastro, l’ombra della voragine di sfiducia in cui siamo precipitati.
E non c’è niente di male – si dirà – ad avere un potente ministro nella cerchia dei familiari stretti e uno splendido impiego praticamente a casa: la sorte è stata non poco benigna con Alfanino. Tuttavia, sempre occorrerebbe, in tanta abbondanza, un pizzico di sobrietà.
Per un uomo col cognome così pesante – e per il suo illustre congiunto – sarebbe stata preferibile una carriera che non desse adito nemmeno alla più lieve malignità circa presunti favoritismi: all’idea diffusa – a torto o a ragione – che qualcuno abbia voluto ingraziarsi l’Alfano Maggiore, elargendo prebende all’Alfano Minore. Un’ideuzza del genere, infatti, misura la sfiduciata profondità della voragine.
Un’altra carriera, sì. Magari fuori dalla Sicilia: ecco l’ultimo tassello di un quadro che appare beffardo a coloro che non sono stati baciati in fronte dal destino. Magari con una gratifica mensile significativa e un po’ meno abbondante. Dove non può arrivare un’imposizione, che sarebbe sommamente ingiusta, dovrebbero intervenire la libera scelta, il buongusto, il sentimento dell’opportunità e, appunto, il comune senso del pudore, virtù rare, non misurabili codice alla mano.
Caro Alessandro, nessun rancore, nessun preconcetto, nessuna voglia di ergerci a maestrini di vita e costume, nessuna negazione del diritto che hai di realizzare il tuo percorso, nessuna pretesa di mettere in croce chicchessia.
Appena una didascalia all’intreccio delle tue magnifiche fortune: non ti è mai venuto in mente che il solo sospetto di un ‘privilegio’ a te riservato rappresenti un secco ceffone morale dato in pieno viso ai tanti ragazzi in fila – e sono preparati, laureati, masterizzati – per un incarico di portalettere precario a mille e cento euro lordi?
Se non ci hai ancora pensato, pensaci. Per uno del tuo calibro, per uno che ‘brucia le tappe’ con tanta abilità, non sarà difficile trovare una risposta.