PALERMO – Un uno-due micidiale quello incassato dalla Regione siciliana davanti alla Consulta. In due settimane due ko decisi dai giudici costituzionali. Che nella sentenza 151 depositata ieri si esprimono analogamente a quanto già fatto due settimane fa, come aveva raccontato Livesicilia, respingendo il ricorso presentato dalla Sicilia contrro la Finanziaria dello Stato. Che impone un salasso ai siciliani. Un salasso che la Regione non è stata in grado di dimostrare secondo i giudici della Corte costituzionale.
Il ricorso in questione riguardava la Finanziaria 2016 e una serie di accantonamenti e versamenti imposti dallo Stato alla Sicilia. La Regione si era appellata alla Consulta perché “le norme impugnate danno luogo a insostenibili riduzioni di risorse, incidendo sulla propria finanza già gravemente compromessa, come si rileva anche dai dati richiamati dalla Corte dei conti in sede di parifica del rendiconto per l’esercizio finanziario dell’anno 2014 e per l’esercizio finanziario dell’anno 2015”.
La Corte con sentenza ha dato torto alla Regione ricordando che “la giurisprudenza costituzionale ha precisato che grava sulla Regione l’onere probatorio circa il pregiudizio lamentato, onere da soddisfarsi mediante la dimostrazione, anche attraverso dati quantitativi, dell’incidenza delle riduzioni di provvista finanziaria sull’esercizio delle funzioni”.
Ma la Regione, obiettano i giudici costituzionali, non ha asaputo dimostrare l’incidenza nefasta dei tagli sui servizi. “Nel caso di specie, l’asserito squilibrio e la compromissione delle proprie funzioni non sono né argomentati, né tanto meno provati, e tale carenza non è colmata dal riferimento alla relazione delle Sezioni riunite della Corte dei conti in sede di parifica del rendiconto, in cui si rappresenta solo lo sviluppo dell’indebitamento regionale”, si legge nella sentenza.
La decisione fa il paio con quella depositata due settimane fa, su un altro ricorso presentato dalla Sicilia contro la legge di stabilità. La Regione aveva impugnato la norma sulla riduzione dell’aliquota Ires sostenendo che la misura (che produce una minore entrata per l’erario, pari a quasi 4 miliardi di euro l’anno), sommandosi agli ulteriori tagli imposti in questi anni dallo Stato pregiudicava “lo svolgimento delle funzioni regionali”. Inoltre, la Regione lamentava nel suo ricorso come la decisione fosse stata assunta unilateralmente dallo Stato “e non sarebbe stata prevista alcuna misura compensativa idonea a bilanciare la disposta riduzione”. La Corte, diversamente da quanto avvenuto per un ricorso analogo presentato dal Friuli Venezia Giulia – che a detta dei giudici ha dimostrato l’attualità del pregiudizio per il suo bilancio -, ha respinto il ricorso della Sicilia.
“Continuiamo a prendere sberle – commenta l’ex assessore regionale all’Economia Gaetano Armao -. E intanto, per garantire un servizio sacrosanto come quello per i disabili, compromesso dai tagli dello Stato, si fa ricorso ai fondi destinati alle imprese”.