Tra qualche giorno avrà inizio l’anno scolastico e per insegnati e personale vi è l’obbligo del green pass. In molti, però, sono contrari e non vorranno sottoporsi al vaccino o al tampone.
Tra loro c’è anche Valentino Di Carlo, che insegna in istituti superiori di Lecco. L’insegnate è precario e ogni anno, come accade anche ad altri suoi colleghi, viene sballottato tra una scuola e l’altra senza una certezza economia e sul proprio futuro.
“L’anno scorso – ha dichiarato l’insegnate a Repubblica – ho insegnato all’istituto tecnico professionale di Casate Novo, l’anno precedente al liceo artistico di Lecco e così via. Vivo in difficoltà economica perché nella mia condizione sono tante le voci di stipendio che mancano. E all’interno di questa incertezza adesso ce ne è un’altra: il Green Pass”.
Il docente chiarisce subito: “Non sono contro i vaccini. Il punto non è vaccino no o vaccino sì, io sono a favore dei vaccini: quello che rasenta l’incostituzionalità è il fatto che si obblighi il lavoratore ad accedere al luogo di lavoro soltanto con il Green Pass. Vorrei vederci più chiaro e non fare la cavia. Non mi si può chiedere un foglio per entrare al posto di lavoro. La mia scelta è una scelta attendista: massima fiducia nella scienza, ma sicuramente l’evoluzione del lavoro fatto dagli scienziati sul vaccino ha bisogno ancora di qualche limatura”.
“Mi domando – ha continuato l’insegnate – come saranno controllati gli accessi. E poi, ok: non entri al ristorante, al cinema, al bar, allo stadio perché non sei vaccinato, ma non si può vietare il diritto di entrare al lavoro. Non capisco perché l’ipotesi di effettuare tamponi salivari e faringei gratuiti non viene presa in considerazione per tutelare chi è vaccinato e tutelare anche chi intende andare a lavorare senza dover necessariamente esibire la vaccinazione e il Green Pass, anche perché la vaccinazione non esclude la diffusione della malattia. E poi non c’è un minimo di collaborazione: è stato anche detto che i tamponi devono essere pagati dai docenti, siamo alla follia, soprattutto per i precari: il tampone costa adesso 15 euro, ne devo fare tre a settimana, per un totale di 45 euro a settimana. E solo per poter entrare nel posto di lavoro. Siamo l’unica categoria trattata così. Perché?”.