“Io mi ricordo, quattro ragazzi con la chitarra…”. “Mamma, smettila, che attasso!”. Urla dall’altra stanza la maturanda. Sì, ma io che ci posso fare, mi sono svegliata così, canticchiandola: è il “giorno” degli esami di maturità della mia secondogenita. La mia seconda esperienza ma, si sa, i caratteri dei figli sono sempre diversi e questa, dunque, è un’altra prima volta. Lei è serena, non fosse per l’orario indegno in cui ha preteso che mi alzassi per accompagnarla a scuola. Io un po’ meno: ogni volta che si avvicinano gli esami sono subito pervasa da un senso di solidarietà verso i giovani seduti sui banchi e, potrà sembrare strano, anche un po’ dall’invidia. Leggo ansiosa il quotidiano online preferito, cerco i compiti assegnati e mi domando se sarei stata capace di venirne a capo. Perché tornerei indietro, lo ammetto, pur concordando con la frase di Paul Nizan appena letta: “Avevo vent’anni. Non permetterò a nessuno di dire che questo è il periodo migliore della vita” che è traccia per l’elaborato sui giovani e la crisi (e se conosco bene mia figlia…), per reindirizzare quell’inutile diploma (non la maturità che arriva a tempo debito e forse mai, passando per sindromi di Cenerentola e Peter Pan che noi genitori conosciamo bene), col senno del poi, ad ottenere una occupazione sicura e ben retribuita.
Ma li ho messi al mondo e cresciuti per farli sognare e seguire le strade scelte. Per fortuna la vita dà un posto alle cose. E il posto assegnatomi oggi è quello di madre ansiosa nel giorno della prima prova scritta. Faccio finta di non ricordare tutto ciò di cui parlano i ragazzi a cena: il mio vano conforto alle delusioni di un ventunenne universitario in gamba alle prese con aule sovraffollate, i professori assenti, la mancanza di sussidi didattici e di speranze; i dubbi per una imminente scelta universitaria della diciannovenne che, mentre scrivo, sta “elaborando” dietro a un banco, che si sovrappone alle notizie del tg: disoccupazione in crescita per i giovani, bamboccioni trentenni a casa, laureati e call center. Il senso di tutte queste speranze in un Paese a crescita economica zero.
Ma oggi non è giornata, resto in trepidante attesa di vederla tornare a casa, travolgermi col racconto minuto per minuto dall’inserimento del doppio codice stile “Caccia a Ottobre Rosso” al riassunto particolareggiato di tutto l’elaborato scelto, la rassicurerò e la ricoprirò di complimenti, sperando che mi lasci tranquilla: domani c’è versione di greco e, ignorandolo, sono esonerata da qualsiasi aiuto. Poi, potrò ricominciare: “…come fanno le segretarie con gli occhiali a farsi sposare dagli avvocati?”.