Nuove pesanti minacce | all'imprenditore antiracket Calì - Live Sicilia

Nuove pesanti minacce | all’imprenditore antiracket Calì

Una voce metallica, dal tono minaccioso. Tre chiamate consecutive, dalle 2.20 alle 2.34. Ancora intimidazioni per il titolare della concessionaria auto Calicar, in cui furono date alle fiamme alcune auto nel 2011. Gianluca Calì denunciò tutto e da allora, il suo percorso di legalità non si è mai fermato. E lui dice: "La mia vita ormai somiglia ad un film".

Casteldaccia, nel Palermitano
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CASTELDACCIA (PALERMO) – Il telefono ha squillato nel cuore della notte, all’altro capo del telefono c’era una voce metallica dal tono minaccioso. Tre le telefonate ricevute da Gianluca Calì, l’imprenditore antimafia che ha denunciato il racket, ma che si è ritrovato, la scorsa notte, a dovere contattare nuovamente i carabinieri. Il titolare della concessionaria auto Calicar racconta nel dettaglio le intimidazioni telefoniche.

La prima è arrivata alle 2,20: “La voce era camuffata, ho chiesto chi cercassero – racconta – perché credevo avessero sbagliato e mi hanno risposto che volevano me. Ho riattaccato, ma dopo pochi minuti il mio cellulare ha squillato di nuovo. Anche in questo caso, mi è stato ribadito con tono nervoso che era me che cercavano e che non avevano sbagliato numero. La terza chiamata è stata dello stesso tipo. Ho subito avvisato i carabinieri”.

I militari dell’Arma si sono così recati a casa dell’imprenditore, dove hanno raccolto la sua deneuncia. L’ennesima. Calì non è nuovo, purtroppo, ad episodi di questo genere. Già nel 2011 ha ribadito con forza il suo no al racket, nonostante gli uomini del pizzo avessero dato alle fiamme alcune auto della concessionaria è andato avanti, non scegliendo il silenzio e ribadendo con forza che “denunciare è l’unica e possibile alternativa”.

Calì aveva ricevuto telefonate minatorie anche lo scorso marzo e a luglio. L’imprenditore, salito agli onori della cronaca anche per aver avuto mandato dal Tribunale di vendere l’Hummer sequestrato a Massimo Ciancimino, era stato minacciato di morte: il suo interlocutore gli aveva intimato di non dire nulla ai carabinieri.

“La mia vita mi sembra ormai un film – dice – a volte per me è davvero difficile accettare la realtà ed essere coinsapevole che ormai è quella che sono costretto a vivere. Nonostante tutto quello che mi sta succedendo – aggiunge – non mi sfiora il pensiero di fermarmi, di darla vinta a chi vuole mettermi in difficoltà. E’ una lotta continua, quotidiana, ma le scelte che ho fatto le rifarei altre cento volte.

Tuttora consiglio a chi si trova nella mia stessa situazione di denunciare, di non nascondersi, di non subire. Ci sono anche risvolti positivi nel prendere questa decisione, che dipende anzitutto da un dovere morale”. Calì si riferisce alla vendita dell’Hummer di Ciancimino, acquistato dal titolare di una concessionaria d’auto di Milano: “E’ stato difficilissimo – dice l’imprenditore – ma è stata una grande soddisfazione, soprattutto perché è stato venduto a canto euro in più rispetto al prezzo fissato dalla Sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo.

Se penso che Sergio Flamia, del clan di Bagheria (oggi nuovo collaboratore di giustizia, ndr) mi cercava con insistenza e che ho resistito a pressioni di ogni tipo, riesco ancora ad avere la forza per non abbassare la testa. Due anni fa ebbi paura – conclude Calì – fui preso alla sprovvista, ma adesso no, non riusciranno ad intimidirmi e proseguirò il mio percorso di legalità”.


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