Un, due, tre, un, due, tre, si danza e si gira. Come la bella Angelica Sedara tra le braccia del Principe Fabrizio. È un valzer infinito, che gira, volteggia, svolazza sulle note e sugli aromi della sicula munnizza. Portala qua, mettila là, anzi no, spediscila, imbustala, impaccala, riportala indietro. Rosario Crocetta maestro di danza ogni giorno comanda nuove figure con un battere di mani a tempo. Un, due, tre, un, due, tre, l’emergenza non c’è. O forse sì. O forse c’è il complotto. Di chi? Lo dico dopo, batte le mani il mastro di danza di Palazzo d’Orleans, mentre munizza e munnizza s’accatasta per le strade e forma un festante osanna d’accoglienza gerosolimitana al turista sventurato che senza tappi per il naso s’avventura a entrare nelle sicule città-pattumiere. Un, due, tre, un, due tre, si danza e si gira nell’olezzo del valzer della munnizza.
Chiude Siculiana, apre Lentini, chiude Bellolampo, poi riapre, chiude Trapani e sotto a chi tocca, l’autocompattatore gira e rigira, come un derviscio impazzito, come Claudia Cardinale-Angelica tra le braccia del vecchio e sornione Burt Lancaster. In Piemonte, in Piemonte!, ordina il mastro di danza da Palazzo d’Orleans. Fischi e piriti risponde il tiranno sabaudo ammantato di stelle, cinque per la precisione. Non si dispera Crocetta, che dice e che problema c’è, all’estero spediremo la nostra spazzatura, e chissà che finalmente l’export non sorrida alla Sicilia nell’era dell’antimafia di potere. All’estero, su, dove “non dicono di certo no ai rifiuti dei terroni”, s’indigna il maestro di musica contro i nordisti complottardi e i grillini perfidi e scaltri che discriminano il sacchetto della spazzatura dalla latitudine di provenienza. Ed estero sia, suvvia. O magari Melilli, fa lo stesso. Vallo a capire, vatti a orientare nel girotondo improvvisato del valzer della munnizza, dove ogni giorno ha la sua pena e la sua sparata. Dove tutti si deve far finta che il disastro sia piovuto all’improvviso, irrompendo sull’ignara Isola come l’inaspettata metamorfosi kafkiana o il morso del ragno radioattivo che sorprese la manina di Peter Parker.
Quando invece il copione di questi giorni era scritto da quel dì, e la corresponsabilità di una classe dirigente col carbone bagnato, buona solo a rimpallarsi accuse e scaricarsi responsabilità ha fatto sì che s’arrivasse all’oggi sulle note disperate di questo goffo valzer della munnizza. Un, due, tre, un due, tre. Piangono i sindaci dei Comuni che si ritrovano sommersi, piangono ma glissano sugli anni persi senza avviare la differenziata. Piangono, si fa per dire, i privati che negli anni hanno visto la munnizza indifferenziata sprecata in discarica trasformarsi in dobloni, tanti da nuotarci dentro come zio Paperone. Piangono le opposizioni, che accusano il governo, ma che coi loro no a prescindere, vedi i girillini, o coi pasticci puzzolenti di lerciume del passato, vedi il centrodestra e il gigantesco scheletro nell’armadio dell’affaire megainceneritori, hanno fatto la loro parte per farci arrivare a tutto questo.
E poi piange la Regione, piange Crocetta, maestro di danza, e la sua pasticciona classe dirigente, che ha perso tempo, tanto, troppo, in questi anni, dopo tutto quello perso negli anni precedenti. E che ora cerca di mettere pezze. A Melilli, Torino, Genova, in Bulgaria o chissà dove. Intanto si balla e si gira. Finché la protezione civile non interverrà per portarsi via le balle di munnizza. E possibilmente anche le balle, o meglio le sparate, del governo, una volta e per tutte.