ROMA – Arrestati al termine dell’operazione “Happy Hour” gli esponenti della ‘ndrina dei Gallico. Secondo gli investigatori della Direzione antimafia il clan reinvestiva in attività lecite soldi accumulati illecitamente. L’operazione è stata coordinata da Maria Cristina Palaia e Luca Palamara della Dda di Roma, sotto la direzione del procuratore Giuseppe Pignatone. Il capo centro della Dia della capitale, Gabriele De Marco, ha spiegato che si trattava di un sistema sofisticato, un progetto di infiltrazione portato avanti con l’aiuto di una rete di prestanome.
Realizzato con la collaborazione di professionisti del settore il sistema in questione prevedeva come garanzia per future acquisizioni nel campo della ristorazione l’acquisto di esercizi nell’ambito commerciale. Secondo le prime indagini parte dei ricavi illeciti sarebbero stati reinvestiti per acquistare tre abitazioni del valore di mezzo milione di euro ciascuna, in via Boccea. I due arrestati, Francesco Frisina e Carmine Saccà, avrebbero così intestato a parenti e familiari i due appartamenti.
Varie operazioni di compravendita di società nell’ambito della ristorazione sono state concluse a partire dal 2008, intestate a vari prestanome e acquistate per un valore di gran lunga minore a quello del mercato per coprire investimenti illeciti. “L’interesse della ‘ndrangheta a infiltrare il tessuto economico della capitale – ha spiegato il capo centro De Marco – risale almeno agli anni del Giubileo del 2000: alcuni dei Gallico si sono da tempo trasferiti a Roma”. Inoltre “le infiltrazioni dei clan calabresi – ha ricordato il direttore della Dia, Arturo de Felice – a Roma sono evidenti: una presenza concreta di fronte alla quale non possiamo far finta di niente o abbassare la guardia”.