Nel giro di due giorni ha incassato due vittorie. Una politica, la decisione del comitato dei garanti di riconoscere la vittoria di Fabrizio Ferrandelli alle primarie palermitane, e l’altra giudiziaria, l’inchiesta sulle presunte infiltrazioni della mafia al porto di Palermo che proprio lui aveva denunciato. E adesso Beppe Lumia si presenta all’incasso: lo fa chiedendo unità sul nome del candidato che ha appoggiato alle Primarie, invocando una nuova stagione nel Pd e guardando al futuro del governo regionale. Ma oggi, dopo la settimana di fuoco che ha visto la Cassazione pronunciarsi sul senatore del Pdl Marcello Dell’Utri e la procura di Catania rinnovare la richiesta di archiviazione per Raffaele Lombardo, Lumia propone anche la sua ricetta sulle conseguenze politiche delle inchieste: “Dell’Utri dovrebbe lasciare il Senato – dice – mentre per Lombardo non sono emersi contatti consapevoli coi boss”.
Partiamo dalle primarie. I garanti hanno confermato la vittoria di Ferrandelli, pur annullando il seggio dello Zen. Ma le polemiche sono già iniziate.
“Io penso che le primarie richiedano un’alta maturità. Le primarie hanno una regola sacra: chi vince diventa il candidato di tutti. Ha vinto Fabrizio Ferrandelli e adesso tutti dobbiamo essere pronti non solo a riconoscere questo risultato, ma a lavorare perché questa candidatura possa conquistare il consenso a Palermo, per l’idea-progetto che ha e per la stupenda carica di innovazione che questo giovane ha saputo immettere nella politica e nella società palermitana. È prevalsa un’idea progettuale di cambiamento, un’idea progettuale che per esempio eviterà che a Palermo si creino divisioni, com’era avvenuto negli anni Novanta fra i fautori del tram e della metropolitana. Quelle divisioni hanno impedito alla città di avere un moderno sistema dei trasporti. L’idea progettuale che sta alla base della candidature di Ferrandelli, ad esempio, impedirà che il lavoro sia coniugato col precariato, un altro grande errore dell’idea – comunque positiva – degli anni Novanta, che ha superato l’idea della legalità da quello sviluppo”.
Però già a caldo Rifondazione, Italia dei valori e Sel hanno fatto dei distinguo. La stessa Borsellino, ieri pomeriggio, ha parlato di “fallimento delle primarie” e ha chiesto “un passo in avanti”.
“Il percorso va arricchito con il contributo di tutti. Bisogna mettere da parte personalismi e tatticismi, che con la politica nobile non hanno niente a che spartire”.
Uno degli argomenti usati da Rifondazione, Italia dei valori e Sel è legato proprio al seggio dello Zen. Martedì La Repubblica ha scritto che Francesca Trapani è finita sotto processo con l’accusa di aver ospitato un latitante.
“Il risultato qual è stato?”.
È stata prosciolta, ma la mia domanda era politica, non giudiziaria.
“A differenza degli anni Novanta, in questo cambiamento che Fabrizio propone non c’è l’io ma il noi. Il noi, inteso come centrosinistra, deve evitare di far sì che quando si perde c’è una questione morale e quando si vince tutto è regolare. Se Ferrandelli avesse perso per pochi voti si sarebbe celebrata la festa delle Primarie, del suo risultato. Noi ci saremmo messi al servizio del vincitore senza colpo ferire. I garanti hanno confermato il risultato delle primarie e hanno proclamato la vittoria indiscutibile di Fabrizio Ferrandelli. Non conosco la Di Trapani (il cognome è Trapani, ndr) e non convince neanche me, ma mi auguro che chi in questi anni l’ha usata o comunque l’ha cresciuta si interroghi sul danno provocato”.
Ferrandelli ha detto che Francesca Trapani gli è stata presentata da Orlando. Si riferisce all’ex sindaco?
“A lui e ad altri che – mi risulta – l’hanno ampiamente usata nelle campagne elettorali. Si interroghi se questa sia stata una buona soluzione, piuttosto che scaricarne le conseguenze su Fabrizio”.
A proposito di mafia e antimafia, uno dei dati che sembrano emergere da queste primarie è una spaccatura, forse irreparabile, nel fronte dell’antimafia tradizionale. Da un lato Rita Borsellino e Claudio Fava, dall’altro lei, Sonia Alfano e Rosario Crocetta.
“Non dimentichi Giuseppe Arnone”.
La rottura è irreparabile?
“Penso di no. Noi – Sonia Alfano, Crocetta, Arnone – avremmo accettato il risultato”.
Eppure proprio lei, il giorno dopo le primarie, ha dichiarato “oggi ha vinto la politica e l’antimafia”.
“Non ho detto questo. C’è un’antimafia sociale che in questi anni ha pensato che la migliore e più moderna antimafia sia quella che sa coniugare legalità e sviluppo e che si è schierata con Fabrizio Ferrandelli, ma sarebbe un errore dividersi sul primato dell’antimafia, collegare un’ipotetica ‘antimafia migliore’ a Ferrandelli o a Rita Borsellino. Il punto dev’essere un altro, appunto il progetto per Palermo, e noi abbiamo voluto investire su un giovane che ha la migliore idea. Ci ha affascinato il progetto della città del sole, la sua proposta sul porto e sul risanamento della costa, sull’energia rinnovabile, sul risanamento sociale e produttivo della città. Lo vede? Non siamo partiti da un’idea che vuole dividere l’antimafia. Adesso è necessario riconoscere che si può legittimamente sostenere candidati diversi senza scomodare la ricerca del primato dell’antimafia. In democrazia le primarie servono a selezionare il candidato migliore”.
A proposito di spaccature, quella nel Pd sembra proprio netta.
“Perché a Milano e Torino dopo la sconfitta delle primarie tutto è stato fisiologico e le dimissioni non hanno provocato scandalo e divisioni? Adesso dobbiamo evitare che dopo questo grande successo delle primarie tutto ripieghi all’interno del Pd e si apra un’ennesima stagione di scontri. Dobbiamo concentrare tutte le energie intorno a Fabrizio Ferrandelli e alla sua idea-progetto, condividerla e arricchirla”.
Il segretario regionale Giuseppe Lupo ha annunciato che il 27 maggio si dimetterà. Cosa succederà dopo?
“Si è presa una decisione, che è quella di organizzare il dopo-Lupo senza polemiche e utilizzando il contributo di tutti”.
Parliamo del governo regionale. Vale ancora la richiesta di un governo politico?
“Io ho sempre sostenuto l’idea che bisognava battere il Pdl, perché il Pdl aveva governato male Palermo e la Sicilia, e che l’incontro con il Terzo Polo e le forze autonomiste dovesse essere giocato tutto sulle riforme, sui radicali cambiamenti. Alcuni si sono realizzati: nella sanità, sui rifiuti, sull’energia, sulla scuola, per ultimo la riduzione dei parlamentari da 90 a 70. La strada, però, è ancora lunga e solo l’innovazione può legittimare un ruolo del Pd forte e di sostegno al governo regionale. Sono convinto che si debba dare il consenso a una trasparente alternativa al Pdl solo per le riforme. Diversamente rischia di diventare tutto un gioco politico di cui dovremmo assumerci la grave responsabilità. Dopo le amministrative anche l’agenda dell’innovazione deve essere rimessa al centro. Così si definisce il ruolo di un governo regionale, così la politica può avere un suo ruolo nobile. Altrimenti è tutto politicismo, gioco di potere che non serve alla Sicilia”.
Ma un rimpasto è ipotizzabile?
“Ripeto: non mi occupo di questo aspetto. Mi riguarda mi occupo solo di battermi a viso aperto per le riforme e l’innovazione. Il resto lo affido all’unità del partito e al gruppo parlamentare del Pd all’Ars”.
A proposito delle sue battaglie, ieri un’inchiesta della Dia ha delineato le presunte infiltrazioni di Cosa nostra nei porti di Palermo e Termini.
“Mi sono sempre chiesto perché per decenni il porto di Palermo non abbia subito quei controlli ferrei che negli ultimi anni invece finalmente sta avendo. Anche su questo c’è una grave responsabilità, che spesso abbiamo ignorato. Ho apprezzato molto l’autorità portuale, la prefettura e adesso la Dia e la magistratura per avere messo a nudo la presenza della mafia. Ho sostenuto e denunciato anch’io questa presenza. Come al solito mi sono preso insulti ma l’antimafia che pratico non è generica e quindi deve essere pronta anche a farsi attaccare sul piano personale. Cosa nostra mi vuole far fuori, continua ad avere questo indirizzo, come è emerso dalle dichiarazioni dell’ultimo collaboratore, Stefano Lo Verso, perché non sopporta un’antimafia che fa i nomi e cognomi, che denuncia la presenza negli appalti. I lavoratori portuali onesti possono stare tranquilli perché il nuovo bando di gara li tutelerà. Chi invece è colluso con la mafia e ha messo in pericolo lo stesso diritto al lavoro dei dipendenti onesti non deve trovare sponde nella politica e dev’essere isolato e denunciato”.
Le presunte “sponde nella politica” mi richiamano alla mente la sentenza della settimana scorsa su Dell’Utri. Si è aperto un dibattito sul concorso esterno e c’è un ddl del Pd per regolamentarlo. Secondo lei è una priorità?
“Il concorso esterno naturalmente va sempre discusso, perché è uno strumento delicato e potente. Personalmente difendo il concorso esterno così com’è”.
Cioè senza una specifica indicazione nel codice penale?
“Penso che la magistratura abbia l’esperienza e la maturità per farne un buon uso e non condivido le parole del procuratore generale della Cassazione. Una moderna antimafia deve avere a disposizione una fattispecie di reato in grado di colpire il sistema delle collusioni non riconducibile né direttamente al reato associativo né al reato di favoreggiamento”.
Quindi una legge serve?
“Di fronte a una tipicizzazione non mi scandalizzerei, ma ho la preoccupazione che alla fine rischi di ridurre anziché ampliare la possibilità di colpire le varie modalità collusive”.
Dell’Utri, Costituzione alla mano, è innocente fino a sentenza definitiva. Ma non le crea imbarazzo che sieda come lei al Senato. Cioè: non sarebbe necessario, a tutela dell’istituzione, trarre una conseguenza politica fino all’assoluzione definitiva?
“Ho sempre avuto un atteggiamento severo sul ruolo che Dell’Utri ha avuto. Ritengo che abbiamo tanti elementi per maturare una valutazione negativa sul suo ruolo. Una valutazione che prescinde dallo stesso giudizio penale. Penso insomma che sarebbe stata opportuna una sua difesa nel processo senza far parte del Senato della Repubblica”.
A proposito di concorso esterno: qualche giorno fa il procuratore di Catania, Giovanni Salvi, ha detto che alla luce della sentenza Mannino non è possibile contestarlo a Raffaele Lombardo, ma che i contatti effettivamente ci sarebbero stati. Qual è la differenza col caso Dell’Utri?
“Tutti sanno che la storia è diversissima, che le fattispecie sono diversissime. Mi convincono gli argomenti di un avvocato e una persona integerrima come Giuseppe Arnone: lo scandalo sta in una gestione di una certa fase della stessa magistratura su cui ancora, come risulta agli atti della commissione Antimafia, non si è fatta la dovuta chiarezza. Comunque la regola vale per tutti: ho sempre sostenuto che alla fine ognuno di noi si farà un’idea su Lombardo. Se emergeranno elementi negativi personalmente sarò in testa sulla severità nel giudizio”.
Mi pare di potere sintetizzare che allo stato degli atti, secondo lei, non ci sono quegli “elementi negativi”. Ma qual è la differenza col caso Dell’Utri?
“Allo stato degli atti hanno ragione magistrati come Salvi: non c’è niente”.
Ma proprio Salvi ha detto che “i contatti ci sono stati”.
“Ho sempre sostenuto che i contatti, se sono consapevoli, vanno puniti politicamente. Ma gli stessi magistrati hanno escluso questa consapevolezza”.