PALERMO – A guardar bene è solo l’ultima puntata del grosso pasticcio delle Province. Leoluca Orlando ha vinto, di fronte al Tar, un ricorso sulla nomina a capo dell’Ato idrico palermitano. Un incarico che, secondo la Regione, spetterebbe automaticamente al sindaco della Città metropolitana. Peccato però, hanno spiegato i giudici amministrativi, che quella carica non esisteva ancora, quando è stata approvata la riforma degli enti che si occupano di acqua. E hanno dato così ragione al sindaco di Palermo che, tra l’altro, come lui stessa ha segnalato, si sarebbe trovato in una condizione di palese conflitto di interessi.
Insomma, l’intreccio di due riforme mai compiute davvero, ha portato a questa storia un po’ paradossale, ripercorsa appunto dal Tar. E che si sviluppa nei mesi tra settembre e novembre, quando Orlando fa sapere che l’incarico del precedente commissario dell’Ato 1 di Palermo era in scadenza e chiede all’assessorato all’Energia di nominarne un altro. Ma il governo regionale risponde che a ricoprire quell’incarico dovrà essere lo stesso Orlando. Da lì, il “gran rifiuto” e il ricorso, accolto dal Tar.
La Regione, infatti, aveva sostanzialmente esteso al sindaco della Città metropolitana, le norme che la legge di riforma dei rifiuti del 2013 riguardavano il Presidente della Provincia. Era il presidente del “vecchio ente” a dover ricoprire l’incarico di presidente del Consiglio di amministrazione delle “disciolte autorità”, ossia gli Ato che la legge metteva in liquidazione in attesa del passaggio al nuovo ente gestore. E così, ecco la nomina per Leoluca Orlando, che si è subito opposto, ottenendo già nel dicembre dello scorso anno la sospensiva.
Adesso il Tar è entrato nel merito della questione. Per gli avvocati della Città metropolitana, infatti, lo stato di liquidazione della vecchia Ato impedisce che a guidarla sia una figura politica, così come invece accadeva con i predecessori. Non solo. A complicare le cose, come detto, la riforma-flop delle Province, che ha creato il nuovo ente: la Città metropolitana. La legge di riforma del sistema idrico approvata nel 2013, infatti, ricorda il Tar, “nell’individuare i Commissari straordinari degli Ato, ha fatto riferimento a una situazione ordinamentale nella quale: esistevano le Province e non ancora le Città metropolitane; il Presidente del Consiglio di amministrazione dell’Ato idrico era il Presidente della Provincia. La norma – si legge nella sentenza – ha, inoltre, previsto un termine di durata in carica dei Commissari massima di sei mesi; alla scadenza dello stesso la Città metropolitana non era ancora stata istituita e il Sindaco metropolitano era una carica non conosciuta nella regione Siciliana”.
Inoltre, l’ex Provincia ha delle pendenze giudiziarie con l’Ato e quindi Orlando si ritroverebbe a dover guidare due soggetti in contrasto tra loro, ricoprendo peraltro il ruolo di controllore e controllato. Una situazione di “grave conflitto d’interessi – scrive il Tar – evidenziato dal ricorrente, il quale ha fatto riferimento a un considerevole contenzioso esistente tra l’Ato 1 Palermo e la Città di Palermo, con conseguente impossibilità, nei fatti, di ricoprire le due cariche. A fronte di tale situazione – proseguono i giudici amministrativi – non adeguato si presenta il rimedio proposto dall’Assessorato di nominare volta per volta un commissario ad acta, in quanto è chiaro che si tratta di una situazione di incompatibilità che in radice preclude l’esercizio della funzione”. È il nuovo “buco nell’acqua” della riforma delle Province.