Giustizia, Paci: "La riforma Cartabia non aiuta le indagini"

Paci: “La riforma targata Cartabia non aiuta le indagini”

Il procuratore sul carcere di Trapani: "Luogo esplosivo"

TRAPANI – Il passaparola attraversava le carceri italiane. Per star bene bisognava ottenere il trasferimento nella casa circondariale trapanese ‘Pietro Cerulli’. Il messaggio passava da un detenuto all’altro. Star bene significava poter ottenere quello che serviva sapendo che era facile trovare un poliziotto della penitenziaria pronto a farsi corrompere. Ottenere anche un semplice profumo o molto di più, telefonini, droga.

Dal 2018 fino all’aprile dell’anno scorso la Procura di Trapani ha indagato su questa rete creata da un paio di poliziotti della penitenziaria, finiti indagati per corruzione, ma scoprendo falle enormi nel sistema carcerario. L’assenza di videocamere di sorveglianza all’esterno della struttura per esempio, o anche sistemi in grado di interdire ai droni di sorvolare l’area interna del carcere, per fare arrivare ai detenuti quello che dai controlli non poteva mai passare.

Ad offrire questo spaccato è stata l’operazione odierna denominata ‘Alcatraz’, condotta dai carabinieri e dal Nucleo investigativo della polizia penitenziaria , che hanno eseguito l’ordinanza di misura cautelare firmata dal gip giudice Caterina Brignone, 17 le persone finite in carcere, 5 ai domiciliari, per due sono scattati gli obblighi di dimora, e tra gli indagati vi sono quattro agenti della penitenziaria, la maggior parte detenuti ed ex detenuti e loro familiari.

Paci: “Il carcere di Trapani un luogo pericoloso ed esplosivo”

“Ampie zone sprovviste di vigilanza. Situazione – dice il procuratore Gabriele Paci – che abbiamo rappresentato nelle dovute forme e senza tradire l’indagine in corso, alle autorità preposte”. Ma rispetto alle doglianze esposte dall’autorità giudiziaria, espresse sotto le forme di garantire la sicurezza pubblica, sembra che niente sia cambiato. “Il carcere di Trapani – prosegue Paci che ha coordinato le indagini dirette dai pm Francesca Urbani e Sara Morri – a sentire i detenuti era come un luogo benedetto ma nella realtà l’inchiesta ha fotografato uno scenario pericoloso se non esplosivo”. Dentro al Cerulli era come se ci fossero dei veri e propri bazar, gestiti dai detenuti a favore degli altri detenuti. Bazar dove si poteva trovare tutto, telefonini e droga in particolare.

Le critiche di Paci alla riforma Cartabia

Paci, parlando con i giornalisti, ne approfitta poi per evidenziare le criticità della riforma della giustizia introdotta con la legge Cartabia: “Questa indagine – ci dice il procuratore di Trapani – sarebbe stata difficile poterla fare se dovevano essere seguite le nuove procedure introdotte dalla legge Cartabia. Questa è una riforma che ci impone di fare tutto in tempi rapidi, non tenendo conto che indagini così articolate e complesse come questa, rischierebbero di essere disvelate agli indagati mentre ancora si stanno facendo gli accertamenti”. Una riforma che non funziona o almeno non consente alle procure di indagare a dovere. “E’ una riforma – prosegue Paci – che impone di rendere nota agli indagati una discovery che per esempio per il genere di indagini come questa, rappresenterebbe consegnare ai soggetti indagati il patrimonio investigativo mentre ancora c’è tanto su cui indagare”.

L’operazione ‘Alcatraz’ è stata una indagine ampia “rispetto alla quale – sottolinea Paci – non c’è stato giorno in cui non abbiamo non potuto fare una nuova iscrizione nel registro degli indagati, impossibile pensare a indagini veloci come chiede la Cartabia quando ci si trova dinanzi questi scenari, impossibile poter pensare a fare degli ‘spacchettamenti’. Aprire ogni giorno una nuova indagine, sarebbe cosa più impegnativa per l’ufficio e verrebbe disarticolato il il contenuto. In indagini come questa coniugare velocità di indagine, che è quello che impone la riforma, con gli approfondimenti investigativi non è cosa né facile né possibile”.


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