PALERMO – “Ma chi comanda a Brancaccio?”, la domanda fu diretta. E altrettanto diretta, mentre transitavano in macchina per le strade del quartiere, fu la risposta di Giovanni Spanò, uno dei fermati dell’ultimo blitz dei carabinieri: “Gli dicono ‘u Ciolla’”.
Ci sono di mezzo i fratelli Graviano? “Sempre e questo è il cugino”, aggiungeva Spanò.
L’interlocutore di Spanò – si tratta dell’intermediario di Giuseppe Calvaruso per gli affari con l’imprenditore di Singapore (entrambi sono indicati come parte offesa nell’inchiesta) – spostava la discussione sui fratelli stragisti Filippo e Giuseppe Graviano, mandanti dell’omicidio di don Pino Puglisi: “Loro in galera muoiono, hanno ammazzato un santo, hanno ammazzato”.
Spanò non era d’accordo, sminuiva il ruolo e il lavoro de parroco di Brancaccio sempre vicino agli ultimi, impegnato ad evitare che i giovani diventassero nuova manovalanza della mafia: “… ma santo di che? Ha fatto miracoli? Una volta ti facevano santo quando facevano i miracoli, questo miracoli non ne ha fatti”.
L’intercettazione è del settembre 2019 e getta ombre su Lo Nigro, 41 anni, volto noto alle forze dell’ordine. L’ultimo suo arrestato è del 2018. Era latitante da un anno perché aveva violato la misura di prevenzione personale. Lo fermarono in macchina lungo l’autostrada del Sole nei presi di Frosinone. Era in possesso di un documento falso, ma la polizia lo aveva smascherato.
Nei mesi precedenti era stato beccato, sempre con un documento falso, in Olanda. La richiesta di estradizione era stata, però, respinta. Sul suo capo pendeva un mandato di arresto europeo chiesto dai pubblici ministeri di Palermo, coordinati dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca. Dopo avere finito di scontare la condanna, non aveva rispettato gli obblighi imposti dalla sorveglianza speciale.
Già in passato in passato si era reso protagonista di una fuga rocambolesca. Il collaboratore Francesco Franzese ne parlava come uno dei principali interlocutori di Salvatore e Sandro Lo Piccolo, all’epoca della loro latitanza, e uomo di fiducia di Andrea Adamo, successivamente arrestato con i due boss.
Colpito da provvedimento cautelare nell’ambito dell’operazione “Addiopizzo”, Lo Nigro fuggì in Calabria dove trascorse le “vacanze” nell’estate del 2008. Il suo nascondiglio era a Siderno. Qui fu notato dai militari dell’Arma che tentarono invano di accerchiarlo all’interno di un lido.
La sua ascesa era dovuta anche alla parentela con Piero e Francesco Lo Nigro, personaggi di spicco negli anni ’60, arricchitisi con il contrabbando di sigarette. D’altra parte Lo Nigro è anche nipote di Pietro Tagliavia, boss storico della famiglia di Corso dei Mille. Nel 2008 il blitz Perseo lo piazzava al vertice del mandamento.
Nel 2011 era stato condannato a tredici anni e quattro mesi nel processo nato dal blitz Cerbero, ma nel 2013 la sentenza fu ribaltata e arrivò l’assoluzione.