PALERMO – Assolto e subito rimesso in libertà dopo quattro anni di carcere. Giovanni Cefali non c’entra con il tentato omicidio di Giuseppe Colombo, avvenuto il 23 marzo 2021 allo Zen.
La quarta sezione della Corte di Appello di Palermo, presieduta da Vittorio Anania (a latere Egidio La Neve e Luciana Caselli) lo ha assolto con la formula “per non aver commesso il fatto”.
L’imputato, assistito dal collegio difensivo composto da Giovanni Castronovo, Simona La Verde e Silvana Tortorici, aveva ottenuto dalla prima sezione della Corte di Cassazione l’annullamento con rinvio della sentenza di condanna a 11 anni e 4 mesi.

“La Corte territoriale non ha approfondito adeguatamente il livello di consapevolezza e conseguentemente l’adesione del Cefali alle azioni criminose poste in essere dai correi”, avevano scritto i supremi giudici ordinando un nuovo processo di appello per il macellaio di 56 anni originario dello Zen. Passa la tesi difensiva che si fosse limitato a tentare di fare riappacificare le famiglie Maranzano e Colombo.
Per gli altri imputati le pesanti condanne sono ormai definitive. Un commando organizzò ed eseguì un agguato con modalità mafiose per uccidere Giuseppe, Antonino e Fabrizio Colombo, padre e figli, per le strade dello Zen. Rimasero vivi per miracolo.
Stanno scontando le pene Vincenzo e Letterio Maranzano (12 anni, 5 mesi e 10 giorni ciascuno), Nicolò Cefali (10 anni), Pietro Maranzano (11 anni).
La “faida per il controllo del territorio” esplose in violenza. La scintilla fu una frase: “La finisci di insultarlo, quando dici tu la finisci”. A riferirla era stata una testimone chiave, una donna che decise di aiutare i poliziotti della squadra mobile.
I Colombo non vedevano l’ora che i Maranzano andassero via dal quartiere. I loro metodi violenti non erano graditi. Alle 10 del mattino i Colombo incrociarono i fratelli Letterio e Pietro Maranzano all’uscita di un bar. Offesero Cefali e intervenne Pietro Maranzano: “… testa di m… la finisci di insultarlo, quando dici tu la finisci”.
Scoppiò una rissa. I Maranzano si radunarono insieme ad altre persone nel negozio di frutta e verdura del padre: “Questa sera o con le buone o con le cattive i Colombo se ne devono andare dallo Zen altrimenti ci spariamo”, dissero.
Fissarono un appuntamento. Una sfida per misurare la forza, gli uni degli altri. Arrivarono i Maranzano e altre persone a bordo di cinque macchine e diversi scooter. Iniziarono a sparare con tre pistole calibro 9×21, 7.65 e calibro 40. Giuseppe Colombo venne colpito agli arti inferiori e superiori, Antonio al gluteo.

