Mafia, padre Notari: "Palermo a due facce"

“Palermo a due facce, un mafioso si salva se cambia”

Il direttore dell'istituto 'Arrupe' e l'ultimo blitz di mafia.
L'ULTIMO BLITZ
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2 min di lettura

“Un mafioso può salvarsi nella misura in cui decide di riparare ai torti fatti. Altrimenti, non potranno esserci parole di misericordia per chi non vuole cambiare”.

Padre Gianni Notari, gesuita, direttore dell’istituto ‘Arrupe’, chiaro e profondo punto di riferimento, parla con l’abituale nettezza. Lo abbiamo cercato per ricevere una chiave di lettura. L’ultimo blitz di mafia offre l’immagine reiterata di un contesto inquietante. Il ritratto di una città che sfila per i suoi eroi, ma frequenta i loro carnefici. Il questore di Palermo, Leopoldo Laricchia, lo ha sottolineato: “Questa operazione purtroppo fa emergere come, contrariamente al discorso pubblico ufficiale, una parte del mondo delle professioni e dell’impresa sia permeabile ai facili guadagni conseguiti attraverso l’utilizzo della forza intimidatrice della mafia”.

Ecco, padre Gianni. Palermo che partecipa agli anniversari. Palermo che si unisce, in altri segmenti, agli uomini del disonore. Perché?
“Perché c’è un soffocante silenzio etico che si registra, ovvero l’assenza di orientamenti in grado di spostare davvero tutti verso un’etica pubblica”.

Di conseguenza?
“Non esiste più il bene comune. Ma tutto si riduce ad atteggiamenti di facciata, a ipocrisie gravissime. La cronaca recente sulle vicende di droga ci mostra ancora una volta uno sdoppiamento, perché è evidente che chi compra la dose attinge a un mercato controllato dalla mafia. Ed è pacifico che questa preoccupazione dovrebbe riguardare soprattutto chi ha incarichi di responsabilità, come ha ricordato il nostro arcivescovo”.

A breve cadrà l’anniversario di via D’Amelio. L’antimafia appare lacerata.
“L’antimafia dovrebbe ripartire da un concetto che va ribadito con forza: la legalità è l’arma vincente del vivere comune. Purtroppo, l’illegalità non si sradica senza un mutamento culturale. Non basta la necessaria repressione”.

Un’antimafia, talvolta, di facciata…
“Sì, c’è una Palermo a due facce che si può incontrare e con cui dobbiamo fare i conti. Bisogna discernere, soppesare, ma non sempre è semplice. E’ opportuno vigilare sulle biografie ambigue di tante persone che appaiono nella legalità, ma sono da un’altra parte”.

E poi ci sono i mafiosi doc, per dire così, che entrano ed escono dal carcere e ripetono gli errori.
“Quando uno è abituato a uno stile di vita costruito sull’illegalità e sulla menzogna difficilmente avrà un copione diverso. Ci vogliono processi riparativi che aiutino chi delinque a compiere altre scelte. Purtroppo, è un discorso arduo”.

Un mafioso, dunque, può salvarsi?
“Solo nella misura in cui decide di riparare ai torti fatti, come dicevo. Altrimenti non ci sarà misericordia”. (rp)


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