PALERMO – Aveva annunciato più volte l’intenzione di suicidarsi. Più perizie psichiatriche avevano, però, stabilito che era capace di intendere e volere e le sue condizioni cliniche erano compatibili con la detenzione.
Ed invece Francesco Merendino, 25 anni, di Misilmeri, si è tolto la vita all’interno del carcere Ucciardone di Palermo.
Merendino stava scontando una condanna definitiva per rapina. Inizialmente gli erano stati concessi gli arresti domiciliari, ma poi la misura era stata aggravata alla luce di due episodi. Una prima volta l’uomo si era liberato del braccialetto elettronico per uscire e andare a comprare le sigarette. Nel marzo 2020 le forze dell’ordine intervennero nella sua abitazione, nel paese in provincia di Palermo. Aveva cercato di buttare giù la porta di casa dei parenti che abitavano accanto, urlando “vi ammazzo tutti e due”. A letto, sotto le coperte, nascondeva una pistola e un fucile a canne mozze, entrambi con matricola abrasa e detenuti illegalmente. Secondo il suo legale l’avvocato Maurizio Di Marco, si trattava dell’ennesima dimostrazione dei problemi psichici del ragazzo. Il legale presentò un’istanza, ricordando che già in passato, Merendino gli aveva confidato l’intenzione di suicidarsi. Il tentativo di fare irruzione nell’abitazione dei parenti e il fatto che “dormisse “con le armi, secondo il legale, erano la spia di un malessere profondo.
I periti però concluso in maniera diversa. Merendino fu giudicato un soggetto caratterizzato da ansiosità reattiva, aveva bisogno di controlli psichiatrici che potevano anche essere eseguiti in carcere. Il suo quadro generale fu giudicato, infatti, compatibile con la detenzione. Ora il gesto estremo di togliersi la vita.