PALERMO – “Non è più il tempo degli uomini soli al comando, il cambiamento deve partire da Palermo”. Nel dibattito in vista delle prossime Amministrative del capoluogo siciliano, a cui il sindaco Leoluca Orlando ha già annunciato di volersi ripresentare, interviene anche Fabrizio Ferrandelli. Candidato alla poltrona più importante di Palazzo delle Aquile nel 2012, fu sconfitto al ballottaggio proprio dal Professore prima di essere eletto all’Ars, di dimettersi e di fondare il movimento de “I Coraggiosi”.
Partiamo dalla domanda che si pongono tutti: Ferrandelli si candiderà nuovamente a sindaco di Palermo?
“Io da otto mesi sono in marcia per cercare di cambiare la politica, non sappiamo dove ci porterà questo percorso. Mi sono dimesso dall’Ars perché non ho pensato a me e al mio posizionamento, mi sono reso conto del distacco enorme fra la politica e la società e per questo ho rinunciato a stipendio e privilegi per cercare in Sicilia chi ha la volontà di sbracciarsi per provare a cambiare le cose. Abbiamo creato 80 comitati in tutta la regione, siamo in tutte le province: penso ad Alessandra Ascia, 34 anni, presidente del consiglio comunale di Gela, a Giuseppe Gullo, 35 anni, presidente del consiglio comunale di Chiusa Sclafani, piuttosto che a Giovanni Pitarresi, 29 anni, presidente del consiglio comunale di Villabate, o Filippo Dolce, 40 anni, sindaco di Aliminusa, e potrei continuare con assessori ed esponenti della società civile. Ne troviamo a centinaia, come il messinese Gabriele Siragusano, ex presidente dell’Atm che ha fatto il tram in quella città, o Pippo Preti a Termini Imerese: cerchiamo ovunque un gruppo dirigente che non accetti diktat e che si metta in gioco”.
D’accordo, questa è una buona premessa. Ma la domanda resta…
“Noi dobbiamo cambiare la politica regionale che investe tutti i comuni siciliani, anche perché la nostra è maledettamente una regione a statuto speciale, cosa che potremmo rivedere con la riforma costituzionale per la quale ci sarà un referendum a ottobre. Dopo 70 anni potremmo finalmente rivedere lo Statuto, che è diventato uno scudo per non applicare in Sicilia le riforme nazionali. Palermo, in questa cornice, non può essere la capitale del degrado, ma deve diventare il punto più avanzato di un processo di normalizzazione. La parola d’ordine deve essere ‘normalità’, a partire da questa città che tutto mi sembra essere meno che bene amministrata e all’avanguardia”.
Lei però ci ha già provato…
“Io nel 2012 sono stato sconfitto: le ragioni sono da attribuire a miei errori, al grande credito di cui Orlando godeva e al fatto che, tra il giovane e il sindaco della Primavera, il secondo era più rassicurante. I voti dei palermitani mi hanno comunque consentito di guadagnare il ballottaggio e di questo li ringrazio, inoltre ho deciso di compiere un atto di amore verso questa città non firmando l’apparentamento e regalando 24 consiglieri a Orlando e quindi la governabilità. Con l’apparentamento avrei permesso l’elezione anche di alcuni amici, come Cesare Mattaliano o Ninni Terminelli, e invece oggi a Sala delle Lapidi siedono consiglieri che la città non conosce, ma ho voluto garantire la governabilità di Palermo. Io sono tornato a lavorare in banca, la politica è servizio e non per forza occupazione di una poltrona. Ma visto che questa è la città in cui vivo e in cui ho deciso di crescere una figlia, ne ho sempre seguito le sorti con i tanti giovani eletti nelle circoscrizioni. Dopo 4 anni, però, il tempo è maturo per un bilancio. E questa amministrazione naviga a vista”.
Cosa ha sbagliato Orlando, secondo lei?
“Palermo è l’unica città al mondo in cui le isole pedonali diventano isole criminali, in cui la cittadinanza onoraria viene data anche a Peppa Pig ma non si ascoltano i commercianti e il territorio, come dimostra il caso Ztl, in cui anziché combattere il traffico e lo smog si combattono i cittadini e le imprese imponendo tasse e non dando in cambio servizi. Il Comune non garantisce i servizi sociali, penso ai 33 centri aggregativi per l’infanzia chiusi malgrado i finanziamenti statali della legge 285, ma si organizzano i bus per i disabili per il referendum. Ma potremmo parlare anche della mobilità”.
Parliamone…
“Dopo la batosta del Tar sulle Ztl, hanno annunciato sette nuove tratte del tram per 480 milioni di euro ma senza dialogare con quelle associazioni che pure avevano cercato il confronto. Ancora non si capisce che fine farà la mobilità cittadina e subito rilanciano pensando a nuove linee: è la dimostrazione di una assenza di visione, si cerca di spararla grossa senza essere capaci di fare bilanci e di stare in ascolto. Fare altre 7 tratte del tram significherebbe paralizzare una città già oggi ostaggio dei cantieri, per non parlare dei costi e dei dati delle attuali linee che sono di per sé allarmanti”.
Lei cosa farebbe?
“Se fossi sindaco farei le busvie che sono come le linee del tram ma viaggiano sull’asfalto, il che significa che non devi rompere nulla, e costerebbero molto meno. Basta fare due conti: le busvie costerebbero 2,5 milioni di euro per 30 chilometri, senza scavi o pali da mettere. A questo basterebbe aggiungere 100 autobus a metano in leasing: avremmo un costo di 4.200 euro al mese l’uno e dopo 5 anni decideremmo se restituire o meno il mezzo, ma intanto non avremmo pagato il bollo o l’assicurazione. In tutto 8 milioni di euro anziché 480. Se poi ci sono soldi da spendere, arriviamo a 400 autobus a metano: anche in questo caso saremmo appena al 10% di quanto costerebbe il sogno di Orlando. E poi diciamolo chiaramente: il tram a Mondello funziona solo nel periodo estivo e alla Favorita non puoi farci passare le rotaie. Pensiamo alle cose concrete, questa storia delle sette tratte mi sembra più una preparazione alla campagna elettorale. Sulle Ztl si poteva avere un altro atteggiamento rispetto all’arroganza di Giusto Catania, invece prima hanno preso la batosta del Tar e poi hanno detto che erano in sintonia con i giudici. Forse serviva un attimo di concertazione in più. Poi c’è il tema della sicurezza e quello delle partecipate”.
Si spieghi meglio…
“Orlando dice che Palermo è sicura e frizzante? Io direi che è una città in cui si è tornato a sparare, a testimonianza del disagio sociale che c’è, in cui i posteggiatori abusivi costringono una mamma a barricarsi in auto, in cui le isole pedonali diventano rampe per i motorini che fanno scippi. Da un sindaco mi aspetterei una maggiore gestione delle difficoltà e meno propaganda. Nel giro di pochi mesi mi hanno rubato una bicicletta e un vespone, tanto per fare un esempio personale. Le municipalizzate invece hanno nodi e criticità intatti, possiamo mettere la polvere sotto il tappeto ma i problemi sono tutti lì. Antonella Monastra ha presentato un’interrogazione su Bellolampo su cui ancora attendiamo una risposta: a fronte delle somme regionali e nazionali per l’adeguamento dell’impianto, perché non c’è stato alcun abbattimento della tariffa?”.
Insomma, il suo giudizio sul sindaco non è lusinghiero…
“Orlando non è più quello di prima, non ce la fa, non ha una squadra: l’anno prossimo sarà il suo 17esimo anno da sindaco e direi che c’è un tempo per ogni cosa. Non è più l’epoca degli uomini soli al comando. In consiglio ha la maggioranza, l’opposizione è stata in luna di miele, perfino Forza Italia fino ad alcune settimane fa, la giunta l’ha scelta lui e ha governato da solo. Almeno ci eviti favole”.
I palermitani però potrebbero votarlo nuovamente…
“Questo lo vedremo alle urne”.
Ma insomma, lei si candida oppure no?
“Così come ci stiamo impegnando su Catania, Messina o Agrigento, manterremo alta l’attenzione su Palermo insieme al gruppo dirigente che stiamo costituendo. Ripartire però da alleanze o coalizioni sarebbe sbagliato, bisogna continuare ad aggregare le migliori energie indipendentemente dalle passate appartenenze: lo vogliamo fare a livello regionale, lo possiamo fare anche in questa città. Il resto verrà da sé, chi ci starà si troverà insieme. Per i nomi è ancora presto e anche l’ultima esperienza elettorale ci ha insegnato come le dinamiche siano imprevedibili: nel 2012, fino a tre mesi dalle elezioni, era impensabile che Orlando si candidasse, aveva detto ‘in aramaico’ che non lo avrebbe fatto. Chi fa previsioni adesso, fa un azzardo. A giugno avremo le amministrative, a ottobre il referendum costituzionale a cui il premier ha legato il proprio futuro. E’ tutto da vedere”.