Palermo è (anche) una città violenta. Non vorremmo scriverlo, ma non possiamo sottrarci alla drammatica evidenza. Oltre le teorie e le statistiche, contano i fatti, conta la cronaca, conta la paura, conta il sentimento dell’insicurezza che, spesso, è un indicatore reale.
Palermo è una città violenta perché può capitare ai bravi ragazzi di subire un pestaggio feroce, per lo sfizio barbarico di chi ha teso una sorta di agguato, come ha raccontato il nostro Riccardo Lo Verso.
Palermo è una città violenta perché i giovani criminali – se vogliono – hanno armi a disposizione. E possono usarle.
Palermo è una città violenta perché le spaccate non fanno più notizia, sono considerate, ormai, parte della normalità quotidiana. Si commentano, se non l’hai sofferta, con una alzata di spalle: “Sai, stanotte, c’è stata un’altra spaccata”.
Palermo è una città violenta perché diversi palermitani preferiscono non visitare più il centro storico nelle sere dei fine settimana. Scelgono altri percorsi, nella speranza di evitare guai.
Sappiamo benissimo che il nervo sensibile della sicurezza si presta a facili strumentalizzazioni, quando la politica si trasforma in dito puntato secondo la convenienza del momento.
Non ci interessano i giochini a vario titolo. La brutta verità si pone con forza e chiama in causa tutti, a cominciare dalle istituzioni: basta pure scorrere gli episodi raccolti dalla nostra Monica Panzica, in un altro articolo, per rendersene conto.
Le anime più schiette e coraggiose denunciano da anni. Nell’inverno del 2023, dopo un brutale omicidio, in tanti sfilarono dietro uno striscione, in corteo, con l’arcivescovo in testa.
Palermo è (anche) una città violenta. Che lo sia più o meno di altre rappresenta una questione, in fondo, secondaria per chi vive qui. Prima lo capiremo, prima si prenderà coscienza, con reazioni adeguate, prima smetteremo di avere paura.
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