Autogol dei Graviano: beni confiscati, ma anche dissequestri NOMI

Autogol dei Graviano: beni confiscati, ci sono dei dissequestri

Cadono le accuse per coloro che erano considerati prestanome

PALERMO – Alcuni beni vengono restituiti, per altri la Corte di appello di Palermo conferma la confisca. Si chiude in secondo grado il processo su una parte del patrimonio dei fratelli Giuseppe, Filippo (entrambi ergastolani) e Benedetto Graviano (l’unico a piede libero dopo avere scontato una condanna per mafia), del boss Giorgio Pizzo (ergastolano per la strage di Capaci) e di altre persone considerate prestanome dei mafiosi di Brancaccio.

Ricorso inammissibile

Per i Graviano e Pizzo la Corte di appello, presieduta da Giacomo Montalbano, ha dichiarato inammissibile il ricorso dopo il verdetto del 2018. Vanno in confisca immobili e terreni. Si tratta di una questione procedurale. Il soggetto proposto per l’applicazione di una misura di prevenzione patrimoniale ha interesse a impugnare il provvedimento di confisca di beni formalmente intestati a terze persone soltanto quando intenda rivendicarne la proprietà, oppure quando ammetta la sussistenza del rapporto fiduciario ipotizzato dall’accusa, o quando l’esclusione dei beni intestati ai terzi dalla sua sfera patrimoniale vada a incidere sul giudizio di sproporzione e, conseguentemente, sulla legittimità della confisca stessa.

“Nel caso di specie, dunque, Pizzo e i fratelli Graviano – si legge nel provvedimento – che non hanno
rivendicato la proprietà dei beni confiscati, né hanno ammesso la sussistenza di alcun rapporto fiduciario, né hanno inteso escludere detti beni dal calcolo della sperequazione tra redditi leciti e investimenti, ma hanno, al contrario, negato recisamente qualunque interesse nei confronti dei beni confiscati, non risultano portatori di alcun interesse a impugnare”.

“Devo fare un discorso”

I fratelli Graviano, d’altra parte, hanno negato ogni loro collegamento con i beni. “Devo fare un discorso per quanto riguarda i beni in questione. Signor Presidente, io non ho interesse nei confronti di questi beni, io ho interesse che il mio nome venga posto fuori da questo processo…”, disse nel 2019 Filippo Graviano in udienza. Pochi mesi fa Giuseppe ha aggiunto “che questi beni non sono di appartenenza…” della sua famiglia. Il ricorso, dunque, “è inammissibile per difetto di interesse”.

Accolto, invece, il ricorso di Angelo Lo Giudice, Mario Bompasso (difesi dall’avvocato Enrico Tignini, sono stati assolti anche in sede penale dall’accusa di intestazione fittizia di beni), Giuseppina Di Fresco (avvocato Anthony De Lisi); Pietro, Tommaso e Antonio Fanara (avvocato Santi Magazzù); Castrenze e Militello Vincenzo, Francesco Rizzo (avvocato Giuseppe Scozzola).

I beni dissequestrati

Dissequestrati e restituiti l’impresa di Lo Giudice che gestiva i distributori di carburante a marchio Agip in viale Regione Siciliana, nei pressi della rotonda di via Oreto, e quelli Esso in piazza Sant’Erasmo e in piazza Scalia; il distributore Ip in via Leonardo da Vinci 394 b di proprietà di Bompasso; il parcheggio “Jolly” di Di Fresco accanto al San Palace Hotel in via Messina Marine; alcuni terreni dei Militello e dei Fanara.

Le confische confermate

Confermata la confisca di un impianto di carburanti intestato a Vincenzo Lombardo, alcuni immobili di Castrenze Militello in via Di Rudinì e, sempre nella stessa strada, di Carmela Galdi (sorella della moglie di Giuseppe Graviano).


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI