Palermo, il concerto di Geolier e quei barbari... Lorenzo ha pianto - Live Sicilia

Palermo, il concerto di Geolier e quei barbari… Lorenzo ha pianto

Il caos di giovedì notte
I DISORDINI ALLA ZISA
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PALERMO – Lorenzo è un ragazzino di quasi dodici anni, occhi innocenti, telefonino sempre in mano, rendimento scolastico buono, tanto da meritare l’agognato concerto. Il concerto di Geolier, un rapper napoletano che sta bruciando tappe e scalando classifiche, quelle che oggi si misurano in like e che ai miei tempi si chiamavano hit parade. Poco cambia, la sostanza del successo è sempre la stessa.
Lo sa bene Lorenzo, che contava i giorni, che conosce tutte le canzoni del suo beniamino, che è andato a quel concerto. E che ha pianto.

Lui piange, quando vede Geolier. Non piange d’isteria, piange semplicemente perché si emoziona. Sì, Geolier, questo scugnizzo di Secondigliano, faccia buona, mise in perfetto stile gangsta e sound accattivante, è un artista che suscita emozioni e non solo in Lorenzo, evidentemente. Lorenzo, però, non immaginava che le sue lacrime ieri sera non sarebbero state d’emozione, bensì di rabbia e mortificazione. Lorenzo non sapeva, non poteva neanche immaginare che il primo concerto della sua vita potesse trasformarsi in un condensato di vergogna, di maleducazione e negazione del senso di civiltà.

Lorenzo non poteva immaginare che i Cantieri culturali potessero trasformarsi in una diligenza alla mercé di banditelli di borgata, che l’hanno assaltata, scavalcando reti e abbattendo transenne; che l’hanno violata fino al suo cuore, arrivando fin sopra il palco, a petto nudo e spogli di rispetto e dignità, costringendo l’incolpevole idolo a rinunciare, ad interrompere il concerto; costringendo le migliaia di persone, che erano lì, ad andarsene a casa a testa bassa.

È la Palermo dura a morire, quella che è costretta ad abbassare il capo, ad arrendersi alla furia e all’arroganza dei pochi. Lorenzo non poteva immaginare che la sua città fosse anche questa. E per questo ha pianto. Si è sentito mortificato, ha pure fatto un post su Instagram, in cui s’è scusato con Emanuele (nome di battesimo di Geolier), per l’accaduto. Proprio come facciamo da decenni: la parte migliore di questa città che si vergogna per la cancrena sociale che discende dalla parte peggiore e l’ammorba.
Lorenzo il giorno prima era stato alla fiaccolata in ricordo di Paolo Borsellino. C’era stato con me e avevamo il cuore pieno di ottimismo e di speranza. Eravamo certi, e vogliamo ancora esserlo, che l’esempio di Paolo, unitamente a quello di Giovanni e a quello di altri incredibili eroi siciliani, avesse davvero cambiato questa città, l’avesse proiettata verso un futuro di civiltà e normalità.

Il concerto di Geolier ci ha riportati indietro nel tempo, catapultandoci in una realtà che purtroppo è ancora presente e permeante. È la realtà dei cosiddetti “panormosauri”, quelli che un tempo chiamavamo tasci, ma poi ci hanno spiegato che c’era del classismo, in questa dicitura, e allora abbiamo corretto il tiro. E abbiamo sbagliato.

Io li chiamo tasci, perché lo sono nell‘animo, nel dna, nella testa, nell’ignoranza che li uccide più della fame (tanto per fare una citazione musicale). Lorenzo non era certo ad un concerto di musica classica e il suo outfit non era certo giacca e cravatta. Ma Lorenzo e le migliaia di ragazzini e ragazzine che erano lì, quella sera, non si sarebbero mai sognati di comportarsi male. Avrebbe ballato all’impazzata, avrebbero urlato, avrebbero bevuto più del lecito, anche, ma sarebbero semplicemente stati dei fans a un concerto di Geolier. Perché Palermo è anche e soprattutto questa! Palermo era pronta ad accogliere, festante, il rapper napoletano. Lì c’era la parte più vera di questa città, quella che, forse senza neanche rendersene conto fino, ama questo cantante perché in lui e nella sua storia si rispecchia. La sua è una storia di riscatto, la storia di un ragazzo che alla canonica Secondigliano della malavita, ha preferito la musica, la sua vocazione, oggi il suo mestiere.

Peccato che ieri sera deve aver avuto una specie di dejavu, nell’assistere a quell’orda barbarica che metteva prepotentemente fine al suo concerto. Ma la vera domanda è? Dov’erano le forze dell’ordine? E dov’erano le istituzioni? Un evento da 5/10 mila persone non andava affidato alla striminzita custodia di uno sparuto drappello di poliziotti e simili. E il Comune? La struttura è del Comune di Palermo. Perché non c’erano vigili urbani a presidio? Perché ci si ricorda di questi eventi solo quando si deve fare la telefonata “importante” per avere qualche biglietto e non ci si deve preoccupare della gestione dello spazio? Che senso ha demandare tutto alle organizzazioni? E l’organizzazione? Dov’era?

È successo di tutto, quella sera. È successo tutto quello che non doveva succedere.
È successo che un ragazzino di dodici anni avrebbe voluto vivere una serata d’emozione e ha scoperto invece quanto tascia può essere la sua città.


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