Tiziana Cannavò, professoressa amatissima dalla sua famiglia, dai suoi amici, dai suoi studenti, si è spenta dopo avere lottato contro la sua malattia. Il dolore, a chi ne è fuori, sembra impossibile, sotto Natale, quando tutto parla di gioia. Ma chi è dentro, nella sua personale telefonata con il lutto, sa che, prima o poi, all’altro capo della comunicazione, risponderà la speranza.
Tiziana Cannavò era preside, era professoressa, con una lunga esperienza da docente al liceo ‘Meli’ di Palermo. Era approdata all’Istituto Comprensivo Statale ‘Alcide De Gasperi’ e aveva lasciato, ovunque, una scia luminosa al suo passaggio. Nei commenti social si annota una sgomenta partecipazione. “Quanto hai lottato per scongiurare questo momento così terribile, grande coraggiosa Tiziana! Che la terra ti sia lieve – si legge – e che tu possa raggiungere finalmente la pace. Sarai sempre con noi, e soprattutto accanto alle tue figlie e al compagno della tua vita, come silenziosa e trasparente, costante, affettuosa presenza”.
E si coglie, palpabile, quanto la scuola, come missione e congregazione di anime, sia colpita. Lì siamo in una trincea difficilissima, animata da persone di buona volontà. Quando viene a mancare a qualcuno – una prof. che amava il suo lavoro e che seminava bene – la perdita è colossale.
Il marito della professoressa ha scritto su Facebook un post che è un manifesto dell’amore eterno. Nel riserbo di un frangente tanto terribile, ne citiamo un frammento: “Sei e sarai sempre la stella che illuminerà il nostro percorso, non solo nei momenti belli, ma soprattutto nei momenti più bui”. E ha ragione quest’uomo valoroso e innamorato: le stelle ci sono perché combattono l’oscurità.
Il dolore si vive e si racconta. Si attraversa come un pulviscolo di memorie che, in eguale misura, fanno male e consolano. Si respira, anche se ci fa soffrire, essendo, il dolore, l’altro nome dell’amore. Ed è il dolore che, infine, ci unisce alla speranza. L’abbiamo imparato vivendo: è sempre molto meglio amarsi, perdersi e forse ritrovarsi che non essersi incontrati mai. (Roberto Puglisi)