Si vota a Palermo, ma la partita non è per Palermo. Anzi, i guai della città, a partire dai disastrati conti del Comune, restano sullo sfondo. Perché nella disfida palermitana si intrecciano destini politici più grandi, che coinvolgono la Regione e i palazzi del potere romano. Tante partite nella partita, in cui per tutti i giocatori al tavolo la posta in gioco è altissima.
Il Pdl. Qui la posta va ben oltre Palermo e la Sicilia. C’è in gioco il futuro della “cosa” berlusconiana, la partita per la sua stessa sopravvivenza. L’anno prossimo il Pdl non esisterà più, profetizzava oggi Gianfranco Miccichè. Non è l’unico a vederla così. I berluscones ovviamente vogliono smentirlo. Se il Pdl uscisse sconfitto dalla tornata delle amministrative, a Palermo e Agrigento in particolare, la leadership di Angelino Alfano ne uscirebbe indebolita. E a leggere i giornali nazionali, diversi nel partito – soprattutto tra i “falchi” – non aspettano altro che il delfino di Berlusconi finisca spiaggiato. Per questo Alfano e Schifani gradirebbero eccome la soluzione di una convergenza su Massimo Costa (e perché no, su Zambuto ad Agrigento) che potrebbe dare chance concrete di vittoria ed eviterebbe il rischio di una corsa solitaria. La candidatura di Francesco Cascio è l’extrema ratio a cui i berlusconiani (e lo stesso Cascio in primis) speravano con tutta evidenza di non dover arrivare. In questa partita contano sulla sponda di Udc e Grande Sud, diffidenti verso Lombardo e interessati a costruire una nuova larga alleanza dei moderati che possa accaparrarsi la Regione il prossimo anno. Se il piano salterà, però, Cascio è l’unico a poter affrontare la sfida e il partito si sta già preparando in questo senso per sostenere la sua discesa in campo.
Il Terzo polo e Lombardo. La domanda è: perché proprio i casiniani si danno da fare per non lasciare isolato il Pdl, quando sarebbe proprio l’Udc il naturale porto d’approdo di tanti pidiellini in caso di disgregazione del partito di Berlusconi? Una delle risposte si chiama Raffaele Lombardo. L’Udc alla Regione ha mollato il governatore, passando all’opposizione e i rapporti tra casiniani e Mpa sono ai minimi storici. D’Alia guarda con sospetto al patto di ferro tra Lombardo e l’ala del Pd che lo sostiene, e a livesicilia si è detto convinto senza giri di parole, che Lombardo giochi su due tavoli, pronto a mollare Costa per sostenere Ferrandelli se il candidato di Lumia e Cracolici vincerà le primarie del 4 marzo (Ferrandelli ha prontamente smentito il tutto). Lo schema, secondo la dietrologia centrista, potrebbe essere quello di Milano: un candidato centrista (Costa) che drena voti al Pdl, e una convergenza sul centrosinistra al secondo turno, che rinsalderebbe il legame su cui si fonda la maggioranza dell’Ars, dando ulteriore forza dentro il Pd ai filolombardiani. Con una prospettiva del genere, i casiniani vogliono tenere in vita le colombe berlusconiane, naturali interlocutori, a Roma, del futuro partito dei moderati al quale si lavora a livello nazionale. In mezzo stanno i finiani, legati a doppio filo a Lombardo che garantisce a Fli un peso nel Palazzo forse sproporzionato rispetto alla loro rappresentanza. È sul rapporto col Pdl che si mette alla prova la coalizione che ha espresso Costa. Se prevarrà la linea dell’apertura, è difficile pensare che l’Mpa resti della partita, malgrado i proclami messianici di Lombardo nei confronti di Costa, che a quel punto si ritroverebbe, come ha detto oggi Carmelo Briguglio, sostenuto “dalla maggioranza di Cammarata”, un viatico certo poco entusiasmante.
Grande Sud. “La morte del Pdl può fare contento qualcuno, me compreso”, ha detto Miccichè ieri. Eppure l’ex sottosegretario continua a fare sponda ai berluscones sulla candidatura di Costa. Miccichè ha un accordo chiuso con il Terzo polo a livello nazionale e non crede più alla risurrezione del suo ex partito. Ma è legato a un’idea di centrodestra e non guarda di buon occhio il patto tra Lombardo e il Pd. Malgrado sul territorio i suoi colonnelli spingano da tempo per riabbracciare l’Mpa e rientrare al governo. Il guado verso il Terzo polo, in ogni caso, è passato. E l’uomo del 61 a 0 ormai non tornerà più indietro.
Il Pd e la sinistra. Per il Partito democratico, le amministrative sono diventate il momento del redde rationem. L’11 marzo Cracolici, Lumia, Papania e gli altri sono pronti a far le scarpe a Giuseppe Lupo. E a prendere definitivamente il partito in mano. Di mezzo però ci sono le primarie del 4 marzo: il segretario ha puntato tutto su Rita Borsellino. Se l’eurodeputata vincerà, Lupo avrà un argomento in più per resistere. Se invece prevarrà Fabrizio Ferrandelli, gli alfieri dell’unità ritrovata del centrosinistra usciranno sconfitti, e il patto con Lombardo si rafforzerà. Più complicato prevedere gli sviluppi di una vittoria a sorpresa del terzo uomo, Davide Faraone. Nel caso di un successo di Cracolici e Lumia, però, c’è una bomba innescata che potrebbe deflagrare sulla campagna elettorale. Una vittoria di Ferrandelli, infatti, vista l’aria che tira a sinistra potrebbe scatenare strascichi al veleno dentro la coalizione e magari, maligna qualcuno, riportare in pista l’ingombrante candidatura di Leoluca Orlando. Uno tsunami che potrebbe scompaginare i piani di tanti.