PALERMO – “La nostra Palermo arriva alla festa della sua Santuzza avvilita. Avvilita perché è la città del governo e dell’Assemblea regionale e dobbiamo ancora registrare che la politica non sembra prendersi cura delle vecchie e nuove ferite della nostra terra, ma, tra veli e maschere, tralascia i veri interessi pubblici a favore di interessi privati o di parte, di gruppi di potere”.
Sono quasi le 21 quando l’arcivescovo di Palermo, monsignor Corrado Lorefice, sale sul palco allestito a piazza Marina. La processione in onore di santa Rosalia si è snodata lungo il Cassaro e, portando l’urna d’argento, è arrivata fino a ridosso del mare, attendendo il ritorno in Cattedrale.
Tra fedeli alle prese col caldo e la banda musicale, il corteo religioso è giunto al suo apice. Lorefice, che fra tre mesi compirà i suoi dieci anni alla guida della Chiesa palermitana, parla a una platea tra cui spiccano le autorità civili e religiose.
Ci sono il sindaco Roberto Lagalla, reduce dalle polemiche e dai fischi della sera precedente, il vice Giampiero Cannella, alcuni consiglieri comunali mentre è assente il governo regionale.
“Palermo tormentata”
L’arcivescovo non si risparmia e soprattutto non risparmia le bacchettate alla politica e alla città, interrotto più volte dagli applausi. “La notte della disperazione incombe”, tuona il prelato puntando il dito contro la guerra, “un atto di follia. Solo i folli possono intraprendere la via del riarmo per ‘salvare’ il mondo”.
Ma l’attenzione poi si sposta alla città, a quella Palermo che dopo l’euforia del Festino si trova come davanti a uno specchio, guardando alle sue contraddizioni. E’ la “capitale” della politica, quella politica fischiata ai Quattro Canti, quella politica alle prese con grandi e piccoli scandali.
“Palermo è tormentata – ammonisce l’arcivescovo -. La violenza dilaga per strada, di giorno e di notte, colpisce le nostre attività commerciali e le nostre case, le piazze e i vicoli della città vecchia. Basta pensare alla strage di Monreale, alla spedizione punitiva nei confronti della ‘Cioccolateria Lorenzo’ e ai tentati stupri dei giorni scorsi”.
Dai rifiuti alla sanità
Poi i “cahiers de doléances”. “Palermo soprattutto è prostrata da un senso diffuso di assuefazione e di rassegnazione a tutto questo degrado che avvolge ognuno di noi, che travolge la città. Soffre perché il disagio, specie nelle periferie urbane ed esistenziali, aumenta e il tessuto sociale pare sfaldarsi. Soffre perché è ancora appestata dai rifiuti, nonostante l’avvio della differenziata; per la crisi della sanità e la precarietà e insufficienza delle strutture ospedaliere; per il mancato diritto di tutti alla salute, per l’abbandono e l’emarginazione degli anziani e delle persone con disabilità, per il disagio dei detenuti nei nostri inadeguati e sovraffollati istituti penitenziari”.
“Svegliatevi!”
Una disperazione che però non può vincere, specie nell’anno del Giubileo dedicato alla speranza. Ecco allora l’invito. “Care palermitane, cari palermitani, oggi Rosalia ci dice: Non fatevi sedurre dallo stupido perverso potere che ostentano i mafiosi e i collusi, volgete invece il vostro sguardo verso chi ha vissuto l’umano con pienezza, a chi ha fatto spazio agli altri dentro di sé e ha trovato la gioia, ha trovato un senso”.
Riscatto incarnato dai testimoni “della giustizia, della legalità, della fede” che Lorefice chiama per nome: Ninni, Giovanni, Francesca, Paolo, Pino, Biagio. “Stasera siamo di fronte a un’alternativa di vita o di morte. Rosalia ci mette davanti a questo bivio. O ritroviamo la vitalità dentro di noi o siamo destinati a un’esistenza cupa, infelice. Rosalia ci grida: Svegliatevi!”.
Le pesti di oggi
Quattro secoli fa Rosalia liberò Palermo dalla peste che, per il presule, continua a infettare la città. “È la peste che abbiamo evocato, quella della guerra e del disagio, ma è anzitutto la peste dell’indifferenza, della rassegnazione, dell’irresponsabilità. Stasera tu ci chiami a levarci per costruire assieme il nuovo, a non cercare la scorciatoia dell’interesse personale, del favore”.
Il pensiero va ai lavoratori che vanno “garantiti e protetti”, alle donne che vanno “rispettate”, ai bambini, a un benessere che va condiviso.
L’appello è a rimboccarsi le maniche. “Dobbiamo cominciare da noi! Lamentarsi è inutile. Si tratta di una chiamata alla responsabilità che ci riguarda tutti. Cambiamo il nostro sguardo, ascoltiamo il nostro cuore. Nelle scelte quotidiane, nelle sfide di ogni giorno. Crediamo nella forza che ci è stata data”.
“Sentiamoci comunità”
“Dobbiamo porre le condizioni per ricominciare a sentirci comunità, coesa e corresponsabile, che si prende cura”, aggiunge Lorefice che poi cita don Pino Puglisi invocando una Palermo nuova, libera dalla droga che affligge i giovani alla ricerca di “scorciatoie e alienazioni. Non avete bisogno di aiuti chimici di fronte al dolore, all’angoscia della vita. Così vi fate schiavizzare dalla roba che in fondo vi propina la mafia che con la sua stupidità organizzata crea solo oppressione e morte”, provocando il plauso della piazza.
“Svegliatevi, miei carissimi giovani! Svegliamoci, fratelli e sorelle di Palermo! La vita è dura, a volte impietosa. La fatica è tanta, a volte insostenibile. Ma abbiamo la vitalità per farci carico della nostra esistenza. E per farlo assieme. Per sognare assieme”.
Sognare, con Martin Luther King, un mondo senza guerra, una Palermo senza mafia in cui “la luce della speranza si accenda e contagi, in cui possiamo alzarci a respirare, a passeggiare e a godere della vita, ascoltando e accogliendo la parola che viene da lontano e che ci invita: ‘Vieni Palermo, camminiamo nella luce del Signore!’”.

