Palermo, mafia Brancaccio: condanne definitive, ma possibili sconti

Palermo, mafia di Brancaccio: condanne definitive ma possibili sconti

Per alcuni imputati va rivalutata un'aggravante

PALERMO – Le condanne sono tutte definitive, ma per alcuni imputati si dovrà celebrare un nuovo processo di appello per valutare la contestazione di un’aggravante. Lo ha deciso la Corte di Cassazione al processo contro boss e gregari di Brancaccio.

Gli imputati e il nuovo processo

La Suprema Corte ha stabilito che deve essere verificata la sussistenza del comma 6 del reato di associazione mafiosa, legato al riciclaggio di denaro di provenienza illecita. Ciò significa che le pene potrebbero essere riviste al ribasso per Pietro Tagliavia (aveva avuto 14 anni), Giuseppe Lo Porto (8 anni, è fratello di Giovanni, l’operatore umanitario ucciso da Al Qaeda nel 2012 in Pakistan), Francesco Paolo Clemente, Santo Di Giuseppe, Michelangelo Di Fatta (ai quali erano stati inflitti 12 anni ciascuno), Giacomo Teresi (18 anni in continuazione con una precedente condanna per mafia), Giovanni Vinci (10 anni), Giovanni Mangano (8 anni) e Antonino Marino (7 anni 11 mesi e 10 giorni).

Pene definitive

Diventano invece definitive le condanne per Giuseppe Ficarra (10 anni), Giovanni Pilo (5 anni e 4 mesi), Roberto Mangano (5 anni), Maurizio Puleo (4 anni) Pietro D’Amico e Stefano Tomaselli (3 anni e 4 mesi a testa); Massimo Altieri, Gaetano Lo Coco, Francesco Paolo Mandalà e Rosalia Orlando (2 anni e 8 mesi ciascuno) e Giuseppe Frangiamore (un anno 9 mesi e 10 giorni).

Era il 2017 quando venne fuori che la detenzione agli arresti domiciliari non impediva a Pietro Tagliavia di guidare di dettare legge a Brancaccio. Il blitz della Squadra mobile e dei finanzieri del Gico del Nucleo di Polizia economico-finanziaria, coordinati dalla Dda di Palermo, svelarono le trame di un figlio d’arte. ll padre di Pietro, Francesco Tagliavia, sta scontando l’ergastolo per le stragi di via d’Amelio a Palermo e via de’ Georgofili a Firenze.

Qua le state facendo puzzare di fame le persone”, diceva un imprenditore nella morsa del racket. Da corso dei Mille a via Buonriposo, da via Messina Marine a via Giafar. E ancora via Ferrari Orsi, viale dei Picciotti, piazza Ponte dell’Ammiraglio. Non c’era strada, nell’area compresa tra Brancaccio e Roccella, che la cosca guidata da Pietro Tagliavia non passasse al setaccio per incassare la messa a posto. I soldi servivano per le famiglie dei carcerati. Silenzio assoluto delle vittima, una sola denunciò.


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