PALERMO – Da rapinatori ad esattori del pizzo. Per conto di chi avrebbero agito Filippo Bruno e Francesco Capizzi, arrestati dai carabinieri del Nucleo investigativo di Palermo dopo la denuncia di un commerciante di Brancaccio?
Come sempre è all’equilibrio fra vecchi boss e nuove leve che bisogna guardare nel tentativo di acquisire la più nitida delle immagini della Cosa Nostra di oggi. Fiaccata sì dagli arresti, ma impegnata, seppur tra mille difficoltà, nel controllo del territorio.
Brancaccio, passato e presente
Chi ha denunciato ha raccontato una storia di pizzo senza soluzione di continuità. A bussare negli anni alla sua porta per richieste estorsive sono stati personaggi noti alle cronache: Girolamo Celesia, Pietro Asaro e Nino Sacco. Per evitare guai il piccolo imprenditore si sarebbe rivolto, ieri come oggi, a Cosimo Fabio Lo Nigro.
Un altro volto noto, il suo. Cosimo Fabio Lo Nigro ha scontato una condanna per mafia e oggi è un uomo libero a differenza del cugino e suo omonimo, killer del gruppo di fuoco di Leoluca Bagarella (incaricato di trovare l’esplosivo per uccidere Giovanni Falcone, fece parte del commando che uccise don Pino Puglisi e che organizzò le stragi del 1993), e del fratello Antonino. Quest’ultimo in carcere è tornato nel 2002, giovane e potente com’era. A lui era molto legato il boss emergente Giancarlo Romano, assassinato nel febbraio 2024. Perché a Brancaccio si spara, in questo caso per il controllo del business delle scommesse.
Senza contare che la nonna dei fratelli Lo Nigro è Agata Tagliavia, sorella di Pietro Tagliavia, boss storico della famiglia di Corso dei Mille che fa parte del mandamento di Brancaccio.
Libero come Cosimo Fabio Lo Nigro c’è pure Nino Sacco, l’ultimo in ordine di tempo ad essere stato scarcerato per fine pena, che del mandamento di Brancaccio è stato il capomafia. Quattordici anni di detenzione scontati per essere stato uno dei triumviri del potente mandamento.
La mediazione fallita
Nonostante il blasone mafioso del suo cognome, Lo Nigro non è stato in grado di fermare la richiesta di pizzo ammesso che ci abbia davvero provato. Bruno e Capizzi, dopo avere fatto il “salto di qualità criminale”, a fine luglio scorso avrebbero tentato di andare all’incasso. Fanno parte di quelle che il Gip definisce le “nuove leve” che “cercano di farsi spazio e acquisire potere con i vecchi metodi della imposizione sistematica del pizzo alle attività commerciali”.
C’è qualcuno che regge i fili
Durante le visite nell’attività commerciale per convincere il titolare a pagare, i due presunti esattori arrestati hanno fatto riferimento, senza mai nominarlo, a qualcuno con il quale prima o poi la vittima avrebbe dovuto fare i conti viste le sue resistenze.
Anche Lo Nigro avrebbe accennato alla necessità di parlare “con chi di competenza” per mettere a posto le cose. Qualcuno in grado di dettare ordini ancora a piede libero. “Questi sono guai”, ripeteva Lo Nigro. I guai procurati da una squadra di esattori del pizzo.

