PALERMO – Una cosa sono i rapporti di conoscenza con i boss e la contiguità con Cosa Nostra, ben altra l’essere un imprenditore mafioso.
La Corte di appello di Palermo ribalta il verdetto il verdetto di primo grado, revoca i sequestri e restituisce i beni a Carmelo Lucchese, compresi dodici dei tredici supermercati a marchio Conad e Todis.
“Non può ritenersi che la società Gamac — scrive il collegio presieduto da Aldo De Negri — abbia assunto i tratti caratteristici dell’impresa mafiosa in senso tecnico con la conseguente compromissione del suo intero patrimonio”.
I punti vendita
Tornano al legittimo proprietario i punti vendita Conad, sequestrati tre anni fa ma regolarmente aperti in amministrazione giudiziaria, in viale Michelangelo 2200, via Argento 32, via Sunseri 6, Carini strada statale 113, Bagheria via Passo del Corretto, Bolognetta strada statale 121, San Cipirello contrada Bassetto.
Stessa cosa i Todis di Bagheria in via Papa Giovanni XXIII, mentre a Palermo in via Re Federico 20, corso Finocchiaro Aprile 195 e via Capricorno 9, e al centro Himera di Termini Imerese.
Resta sotto sequestrato, ma regolarmente aperto, il solo Conad di corso Camillo Finocchiaro Aprile 112, perché c’è dietro una questione societaria più complessa.
Il pentito Flamia
Uno dei più grandi accusatori di Lucchese era il pentito di Bagheria Sergio Flamia. Raccontò dei rapporti dell’imprenditore con potenti boss bagheresi (legami confermati dalle indagini), addirittura di collegamenti inconfessabili con chi favorì la latitanza di Bernardo Provenzano, tanto da essere stato esonerato dal pagamento del pizzo fino al 2011.
In realtà sono venute fuori numerose denunce relative a furti, incendi di automezzi, e rapine subite dalla Gamac tra il 2003 e il 2019.
La difesa
È la ricostruzione economica dell’accusa che però il collegio difensivo, composto dagli avvocati Giovanni Di Benedetto, Rosanna Vella, Pierpaolo Dell’Anno e Giuseppe Murone, ha cercato di picconare.
Lo stesso Flamia ha spiegato che non sono stati investiti soldi sporchi nei supermercati di Lucchese. La relazione del consulente Adriano Cataldo ha confermato che ogni punto vendita ha avuto negli anni una sua sostenibilità autonoma.
Dall’analisi degli investimenti è emerso che su 8,3 milioni spesi, 7,7 sono derivati da prestiti bancari, leasing o dagli stessi marchi nazionali. Il dissequestro riguarda anche altri beni per un valore stimato in 150 milioni di euro.