Palermo, compra casa: 20 anni dopo scopre che non è sua

Comprano casa, dopo 20 anni la scoperta: confiscate alla mafia

L'incredibile storia che parte da Palermo e approda in Toscana

PALERMO – Erano convinti di essere proprietari di casa da più di 20 anni, oggi scoprono che gli immobili sono stati confiscati ad un imprenditore colluso con la mafia. L’incredibile vicenda parte da Palermo e approda a Ponte a Tressa, frazione di Monteroni d’Arbia.

È nel piccolo comune in provincia di Siena che vive Michele Campini, il quale ha deciso di raccontare la paradossale vicenda a Livesicilia.

“Nella sua stessa situazione ci sarebbero altre quindici persone – spiega l’avvocato Paola Bazzotti, che ha già presentato i primi ricorsi -. Faremo un incidente di esecuzione per fare emergere l’errore”.

L’amara scoperta

Campini ha scoperto casualmente l’amara verità. Non aveva ricevuto la bolletta dal Consorzio di bonifica Toscana Sud: “Ho chiamato per avere chiarimenti – racconta a Livesicilia – e ci hanno detto che non dovevamo pagare per la bonifica perché con mia moglie non risultiamo proprietari di casa”.

Gli appartamenti e i garage di pertinenza sono stati confiscati nel 2021 alla Cestel spa del costruttore Francesco Zummo. La Direzione investigativa antimafia ha eseguito il provvedimento disposto dalla Corte di appello di Palermo che si è pronunciata dopo l’annullamento con rinvio da parte della Cassazione dell’iniziale dissequestro di un patrimonio immobiliare stimato in 150 milioni di euro. Nelle more, però, alcuni immobili hanno cambiato proprietario.

La storia di Zummo

Una storia, quella di Zummo, oggi quasi novantenne, che affonda le radici fino agli anni del sacco di Palermo, nella Cosa Nostra di Riina e Provenzano. Fra il 2006 e il 2009 il costruttore era stato processato per concorso esterno in associazione mafiosa, ma la vicenda si concluse in parte con l’assoluzione e in parte con la prescrizione.

Il muto acceso nel 2001

Campini ha comprato casa nel 2001, accendendo un mutuo. Da allora nessuna comunicazione: “In pratica in Italia possono confiscarti la casa che hai acquistato 21 anni prima senza dirti niente”. Gli tocca pagare le spese legali per fare emergere l’errore: “A quanto pare negli atti ufficiali non è stata considerata una relazione aggiornata che elencava quelle che erano le proprietà effettive della Cestel e quindi è stata disposta la confisca di un elenco di immobili non aggiornato e corretto”.

Bisogna fare ricorso nella speranza che alla fine l’errore venga corretto. Ma la giustizia in Italia sa spesso essere ingiusta. E adesso ci sono famiglie che vivono con la paura di ricevere una visita dell’ufficiale giudiziario e la lettera di sfratto.

Le nuove indagini

Alla Cestel srl, costituita nel 1985 (capitale di un miliardo e 328 milioni di lire, diviso tra Zummo e Francesco Civello), risultavano intestati un’ottantina di immobili fra la Sicilia e la Toscana. Dopo la confisca per Zummo sono arrivati nuovi guai giudiziari con l’arresto. Grazie al commercialista Fabio Petruzzella avrebbe cercato di nascondere all’estero un tesoretto da 20 milioni di euro.

Gli investigatori si erano imbattuti per la prima volta nel nome di Zummo trovando un appunto nella macchina di Michael Pozza, uomo della mafia canadese assassinato nel 1979 a Toronto. Poi fu Giovanni Falcone, nell’inchiesta denominata “Pizza connection”, a scoprire che alcuni conti correnti di Zummo erano stati utilizzati per operazioni legate al traffico di stupefacenti.

Tutto questo portò alla confisca del patrimonio di cui faceva parte anche il fondo Pluto, riferibile a Francesco e Ignazio Zummo, padre e figlio. Si trattava di un deposito in una banca svizzera contenente 12 milioni di euro.

Dalla fine degli anni Sessanta, Zummo assieme al consuocero Vincenzo Piazza (consigliere della famiglia mafiosa di Palermo-Uditore) e al socio Francesco Civello divennero il braccio operativo della speculazione edilizia targata Vito Ciancimino con la costruzione di 2.700 immobili. Zummo fu condannato a 5 anni in primo grado per mafia e favoreggiamento, e assolto in appello.

Il tribunale sezione misure di prevenzione non confiscò i beni e dispose per Zummo la sola misura di prevenzione personale per 5 anni, sentenza che in appello fu confermata. La Cassazione bocciò il provvedimento disponendo un nuovo giudizio di secondo grado che stravolse l’esito della sentenza e si arrivò alla confisca. Ora però verrebbero fuori gli errori, a cui presto si dovrà porre rimedio.


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