PALERMO – Se non fosse per l’ergastolo che sta scontando, Rosolino Rizzo sarebbe stato scarcerato. La Cassazione ieri sera ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare che aveva raggiunto lo scorso marzo il boss di Cerda, Rosolino Rizzo, assieme ad altri indagati.
Ricorso per saltum
Mentre sta scontando il carcere a vita per omicidio gli è stata notificato un nuovo ordine di arresto per mafia. Dal carcere il settantenne boss avrebbe continuato a gestire le trame mafiose nel paese in provincia di Palermo. Gli avvocati Marco, Giulia e Valentina Clementi hanno presentato un ricorso “per saltum” direttamente in Cassazione e i supremi giudici hanno annullato, senza rinvio, l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari per un difetto di motivazione sul tema delle esigente cautelari.
L’omicidio assieme a Provenzano
Rizzo è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio, commesso assieme a Bernardo Provenzano, di Rosolino Miceli, avvenuto nel 1987 a Vallelunga. Miceli, in base alle rivelazioni dei pentiti Nino Giuffrè (allora capo mandamento di Caccamo), e Ciro Vara, boss di Vallelunga, era uno dei “selvaggi”. Così veniva chiamata una banda di cani sciolti.
Il pentito
Filippo Bisconti, ex capo mandamento di Belmonte Mezzagno, divenuto collaboratore di giustizia, ha raccontato che Luigi Antonio Pirano sarebbe stato per il ruolo di reggente del mandamento, ma “non ha tutte le capacità e non ha tutte le conoscenze, e pertanto ha la necessità e rispetta le direttive di Rosolino Rizzo”.
I contrasti con lo zio
Che ebbe delle frizioni con il nipote Pino Rizzo. Lo zio era “scottato” dalla vicenda della collaborazione della moglie di Pino Rizo: “… mi disse che era una persona molto attiva, anche se Rosolino Rizzo non era d’accordo che continuasse ad operare nel contesto mafioso, per causa della moglie che era divenuta testimone di giustizia e del fatto che aveva reso dichiarazioni nel processo che non si addicevano ad un mafioso”.